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MTC N. 52 - TEMA DEL MESE: PASTICCIO ALLA FERRARESE

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di Elisa Dondi


Il Pasticcio Ferrarese è sicuramente la ricetta più rappresentativa della cucina della mia città, Ferrara.
Fa compagnia ai cappelletti in brodo, ai cappellacci di zucca, alla salama da sugo e tra i dolci al pampapato, ma indubbiamente resta la più originale ed importante. Estremamente elaborata e singolare nel gusto, riflette appieno il contesto culturale da cui trae origine. La cucina ferrarese nasce e trova il suo pieno splendore nel 1500. Ferrara è governata dai duchi della casata degli Este. Ercole I* è imparentato con gli Aragona, con i Gonzaga, con Milano, con  la Francia, con  il Papa. Le influenze culturali e culinarie sono molteplici.
Le occasioni di scambio e relazione sono innumerevoli. I banchetti sono la traduzione nella pratica delle fiorenti attività diplomatiche del ducato. Gli scalchi, non sono solo cuochi, sono abili registi di eventi spettacolari. Tra loro, il più famoso è Christofaro di Messisbugo, nel suo Libro Novo nel qual s'insegna a far d'ogni sorte di vivanda narra di pranzi e banchetti talmente curati in ogni dettaglio da farci comprendere quanto fosse veramente un abile regista a servizio della diplomazia del signore e quanto peso avesse questa voce nel governo di un ducato. Il gusto per la sorpresa e la spettacolarità è la cifra stilistica dei suoi banchetti: sono sue certe creazioni di "matrioske" di uccelli ripieni, dal pavone al passero, d'altronde il ducato estense aveva enormi possedimenti in cui cacciare e in cui trovare tutta quella varietà di materie prime che avvantaggiavano sicuramente la cucina di Messisbugo. La posizione territoriale favorevole influisce indubbiamente così come influisce il gusto del duca e dei palati dell'epoca sui sapori della cucina di Ferrara. La cucina ferrarese è dolce e salata assieme. Innumerevoli le portate dei banchetti in cui questo tratto stilistico emerge potente. I già citati cappellacci di zucca sono un esempio, ma il Pasticcio Ferrarese ne è il trionfo.
Nonostante la sua origine non possa farsi risalire al genio di Messisbugo, ma ad un evento settecentesco in cui in città si ospitò una delegazione pontificia (da qui la forma a cupola o di cappello del prete), conserva tutte le caratteristiche della cucina rinascimentale traendo spesso in inganno sulla sua attribuzione appunto e generando infiniti conflitti di paternità. Consiste in un timballo di maccheroni conditi con ragù di carne bianco, funghi, tartufo e besciamella, racchiuso all'interno di un involucro di pasta frolla dolce. La ricetta è complessa e molto laboriosa, la sua realizzazione casalinga si riserva alle occasioni in cui la scenografia gioca un ruolo di prim'ordine. Storicamente era il Giovedì Grasso, tuttavia oggi la si trova in città tutto l'anno in versione dolce, con il guscio di frolla dolce appunto, o salata con la pasta sfoglia che la sostituisce.
Personalmente, prediligo e realizzo sempre quello in versione salata, come da tradizione familiare, mantenendo invariato il procedimento per l'interno del Pasticcio, i sapori sono più equilibrati per il palato di oggi, sicuramente molto meno rinascimentali!
Ecco la ricetta base con il guscio di pasta frolla dolce:
Per 6 persone la ricetta base è: 500 gr. di farina bianca, 250 gr. di burro, 5 rossi d'uovo, scorza di un limone, sale un pizzico, 300 gr. di zucchero.
Dopo aver messo a fontana la farina, mettete il burro a pezzetti, lo zucchero, i rossi d'uovo, la scorza del limone, il sale. Impastate velocemente poi lasciate a riposare la palla almeno mezz'ora in frigo.
Cuocere 300 gr. di maccheroncini rigati (tipo sedanini) in acqua bollente salata lasciandoli al dente.
Cuocere circa un quarto d'ora i funghi secchi dopo averli lasciati rinvenire in acqua.
Preparare un buon ragù con due salsicce, un etto e mezzo di vitello tritato, un etto e mezzo di polpa di maiale tritata, sedano, carota, cipolla tritati. Rosolare tutto in olio di oliva, aggiungere mezzo bicchiere di vino bianco delle sabbie tipo Bosco Eliceo, far evaporare e proseguire la cottura per almeno due ore aggiungendo brodo per mantenere morbido il tutto.
Preparare la besciamella sciogliendo in un tegame 25 gr. di burro, aggiungere 2 cucchiaiate di farina, salare e far cuocere appena, infine unire mezzo litro di latte e portare ad ebollizione e finire di cuocere per 5 minuti.
A questo punto, unire ai maccheroncini il ragù, i funghi, la besciamella e qualche lamella di tartufo del Bosco della Panfilia.



Stendere un disco di pasta frolla in uno stampo basso, appoggiarvi sopra l'impasto di maccheroni e dare la forma a cupola, coprire con un altro disco di frolla e decorare con i ritagli, spennellare di uovo sbattuto ed infornare per circa mezz'ora a 180 gradi fino ad ottenere una bella crosta dorata.
Per la mia versione salata ho usato una pasta sfoglia a realizzazione molto intuitiva e rapida. Il senso della pasta in questo caso è di "contenere" e di non gravare troppo sull'equilibrio dei sapori, il fatto che con questo procedimento si "alzi" un 25% in meno qui è irrilevante.
Pasta sfoglia semplificata (400 gr.)
225 gr. di farina, 150 gr. di burro, 100 ml. di acqua fredda, un pizzico di sale
Mettete la farina e il sale nella ciotola del robot (tipo Kitchen Aid da qui la ricetta). Tagliate a dadini 45 gr. di burro e distribuiteli sulla farina, impastate con una frusta piatta fino a che il composto non assuma l'aspetto del pangrattato. Aggiungete poco alla volta l'acqua fino ad ottenere un impasto morbido che dovrà riposare in frigo 30 minuti.
Stendete l'impasto fino ad ottenere un rettangolo di 10x30. Tagliate a dadini 35 gr. di burro e sistemateli in modo regolare sui due terzi superiori del rettangolo, ripiegate il terzo inferiore sul burro e il terzo superiore sui due sovrapposti. Fate pressione col mattarello, sigillate i bordi e mettete in pellicola in frigo per 10 minuti almeno.
Girate l'impasto di 90 gradi. Stendete e piegate stavolta senza aggiungere burro. in frigo 10 minuti.
Stendete e piegate l'impasto altre due volte utilizzando in entrambe le occasione 35 gr. di burro a piccoli dadini. In frigo 10 minuti.
Stendete e piegate un'ultima volta senza aggiungere burro. Avvolgete nella pellicola e mettete in frigo almeno un'ora prima di utilizzare.
Sembra molto laborioso, ma il risultato vale davvero l'impegno!
Benvenuti nella storia della cucina della mia città!


*Ercole I (Ferrara, 26 ottobre1431Ferrara, 25 gennaio1505) fu secondo duca di Ferrara dal 1471 al 1505 e uno dei principali mecenatie uomini di cultura del Rinascimento


Fonti:
Christofaro di Messisbugo, Libro Novo nel qual s'insegna a far d'ogni sorte di vivanda
AA.VV., Cucina e folclore ferrarese

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