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MTC N. 52 - TEMA DEL MESE: SCRIPPELLE 'MBUSSE ABRUZZESI

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di Giorgia Pasqualotto Le Coin Gourmand

Premessa doverosa: questa è una storia di famiglia. Una storia vera. Di quelle in cui fatti e personaggi non sono il frutto dell’invenzione dell’autoreautrice. Nel caso qualcuno dovesse riconoscersi… beh, probabilmente siamo parenti!

C’era una volta – parecchi anni fa – una ragazza abruzzese di nome Santina. Viveva in un paesino dell’entroterra teramano, da cui non si era mai allontanata: né per sbaglio né da molto lontano le era capitato di vedere il mare.
Era molto giovane, ma a quei tempi ci si sposava presto. Molto presto. E lei a 21 anni cominciava a sentirsi e ad essere considerata una zitella.
Finché un giorno una lettera proveniente da molto lontano non pose fine al suo cruccio, generando però amarezza, delusione e tormento.
Perché quella lettera arrivava dalla Libia ed era stata scritta da un uomo di 15 anni più vecchio di lei e padre di tre figli. L’ultima aveva solo tre mesi.
La moglie era morta di parto e lui non era in grado di badare ai bambini. Motivo per cui era necessario trovare un’altra moglie. Erano gli anni ’50 e funzionava così.
Santina non dovette neppure decidere se partire: era scontato che lo facesse. E se anche avesse potuto scegliere, era stufa di fare la zitella. Si sposarono per procura poche settimane dopo.
Poi la partenza. Lei che non aveva mai visto il mare neppure da lontano dovette affrontare il viaggio in nave. Non da sola, ovviamente, ma accompagnata.
La compagnia non servì però ad alleviarle le sofferenze: né le pene dell’anima né quel terribile mal di mare che l’accompagnò per tutta la traversata.
Poi l’arrivo a Tripoli. Il marito sulla banchina ad attenderla. Con lui il padre e i due fratelli. Rapidamente alla fattoria, ché era tempo di raccolta delle olive.
Fin qui la storia triste, come raccontava lei.
A casa la sorpresa: questi tre bambini che l’aspettavano. E di cui divenne madre all’istante. Almeno, così diceva lei.
Decise che non avrebbe voluto altri figli. Non che quelli fossero troppi all’epoca, ma temeva di far loro un torto.
Un marito che pian piano divenne una figura amata. Ecco, non so dirvi se sia stato IL grande amore, perché di quello lei non ha mai parlato. Ma è certo che siano stati una coppia serena e affiatata per tanti e tanti anni nel lungo cammino che hanno percorso insieme tenendosi per mano sempre. Proprio come durante le passeggiate quotidiane sul lungomare della cittadina abruzzese in cui si trasferirono poco prima dell’ascesa al potere di Gheddafi.
Da ragazzina li osservavo incuriosita: a differenza delle altre coppie di anziani che incrociavamo loro non andavano a braccetto, loro si tenevano per mano.
La zia era una cuoca formidabile. Al nostro arrivo (dopo otto ore di viaggio nella calura agostana) ci faceva sempre trovare un pranzo indimenticabile: insalata di mare calda, chitarrine al sugo di cicale, frittura di pesce, verdure e gelato.
Nei giorni successivi si sbizzarriva con i piatti della tradizione: non potevano mancare le scrippelle ‘mbusse, le crespelle inzuppate. Nonostante fosse il primo del 24 (inteso come il 24 dicembre), ce lo preparava sapendo che mio papà lo adorava. Come se disdegnasse tutto il resto…

Le scrippelle ‘mbusse sono un piatto tipico della cucina teramana, e tradizionalmente vengono servite come primo la sera della vigilia. Almeno, così mi è sempre stato raccontato.
Si tratta di semplicissime e sottilissime crespelle preparate con uovo, farina e acqua e cotte in una padella unta con il lardo.
In casa della zia si usava il burro e pare che così facessero un po’ tutti nel vicinato. Così mi sono regolata anch’io e sono più che soddisfatta del risultato.
Le crespelle vengono poi cosparse di abbondante pecorino grattugiato (il mio era sardo, ma credo che la zia non si offenderebbe), arrotolate e bagnate con abbondante brodo di pollo bollente.
Una delizia anche a Ferragosto, posso assicurarvelo!

Ho cercato in rete notizie sull’origine di questo piatto, e quelle che ho trovato confermano la versione raccontata dagli zii: brodo di pollo e pecorino grattugiato.
Sull’origine del piatto non mi ero informata all’epoca: ero piccola e totalmente disinteressata alla storia della gastronomia. Ero più che altro una rozza divoratrice di tutto ciò che mi veniva messo nel piatto (ma posso assicurarvi che in quei momenti e con quelle delizie la tradizione passa un po’ in secondo piano).
Più recentemente ho scoperto che l’origine delle scrippelle ‘mbusse si dovrebbe a tale Enrico Castorani, l’assistente teramano del cuoco addetto alla mensa degli ufficiali di stanza a Teramo nei primi anni del 1800.
Dal momento che il pane prodotto in quel periodo in Abruzzo non era gradito ai raffinati palati francesi, il cuoco era solito sostituirlo con le crêpes.
Un vassoio di queste, che il nostro Castorani stava preparando, cadde in un pentolone di brodo di gallina.
Che fare? Buttarle? Giammai! E così vennero servite al posto della minestra, inzuppate nel brodo.
Qui vi lascio la ricetta che qualche anno fa – da grande – avevo chiesto alla zia. Accanto alla sua originale la mia “traduzione”.


Per circa 12 scrippelle e 1 litro di brodo di pollo


Per il brodo
Preciso che se necessitate di lumi in merito ai brodi dovete rivolgervi a lei, da cui reperirete tutte le informazioni utili per prepararne uno “da piangere”. Io ho seguito la ricetta della zia (diminuendo le dosi, lei cucinava per 24), che riutilizzava il pollo per preparare l’insalata. Io l’ho condito con una maionese casalinga e ce lo siamo sbafato in un amen.
  • 1 coscia di pollo ruspante;
  • 3 piccole carote pelate e mondate;
  • 1 cipolla pelata e tagliata a metà;
  • 2-3 grani di pepe nero;
  • 1 bouquet garni (la zia parlava di “gusti”);
  • acqua
Fiammeggiate la coscia di pollo per eliminare le ultime penne rimaste, poi ponetela in una casseruola da circa 2,5 litri.
Aggiungete le verdure e gli aromi.
Coprite con acqua fino ai 2,5 litrie fate cuocere a fuoco medio per circa tre ore.
Spegnete, prelevate il pollo e mettetelo da parte per utilizzarlo al più presto. Scolate. I miei cani aspettano solo le carote cotte in quel brodo.
Filtrate il brodo un paio di volte attraverso un colino a maglie fini e lasciate raffreddare. Eliminate poi anche il grasso che si è formato in superficie e il brodo sarà pronto per essere utilizzato (scaldandolo nuovamente).
Quello che non utilizzerete lo potete congelare, ma non tenetelo in frigo troppo a lungo perché il sapore tende a guastarsi rapidamente.

Per le scrippelle
  • 4 uova;
  • 8 mezzi gusci di farina (80 g circa);
  • 5 mezzi bicchieri d’acqua (200 ml circa);
  • sale q.b.;
La zia in questo caso potrebbe avere da ridire: ho messo tutti gli ingredienti in una ciotola capiente e ho frullato con il minipimer. Poi ho salato e lasciato riposare la pastella per una mezz’oretta.
I puristi credo che sbatterebbero le uova in una ciotola, vi aggiungerebbero la farina facendo attenzione a non far formare i grumi e allungherebbero con acqua.
Fate come credete.
Ho cotto le scrippelle in un padellino di circa 20 cm di diametro che ho mantenuto costantemente unto con il burro.
Mezzo mestolo d’impasto lasciato cuocere per una ventina di secondi e poi girato per completare la cottura sull’altro lato.
Impilate su un piatto le crespelle pronte e tenete da parte (potete anche prepararle con qualche ora d’anticipo e conservarle in frigo coperte da pellicola).



Al momento di servire scaldate il brodo e nel frattempo preparate le crespelle cospargendole con abbondante pecorino grattugiato e chiudendole a cilindro.


Adagiate le scrippelle nel piatto di portata e coprite con il brodo.



Ad eccezione del brodo di pollo, che cuoce a lungo, questo piatto si prepara rapidamente. Ed è anche di facile esecuzione.
Io lo metto in cima alla lista dei primi in brodo insieme ai tortellini della nonna. Ma quello è un altro discorso…





Fonti:



-          la zia Santina, lo zio Romolo, tre figli e 14 nipoti;


-          http://www.abruzzo-vivo.it/le-scrippelle-mbusse/;

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