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MTC N. 56 - TEMA DEL MESE: I BACI DI DAMA

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di Eleonora Pulcini - Zeta come.. Zenzero

“I doppi sensi per ‘attaccare’ con la ragazza del tipo: «Posso darle un bacio?» e simili, hanno per patria Tortona”, scriveva Alberini su Piemontesi a tavola. La città piemontese ha infatti dato i natali a uno dei biscotti più conosciuti ed apprezzati nel nostro bel paese: i baci di dama.

L’impasto, molto semplice, unisce alla tradizionale frolla con cui sono fatte le due metà, la farina di mandorle o di nocciole. Inizialmente sembra venissero usate le nocciole nell’impasto, perché meno costose e più facili da reperire, e ancora oggi vengono infatti adoperate largamente nella zona delle langhe e nel genovesato.
I baci di dama sono dei dolcetti che appartengono alla tradizione dolciaria tortonese, tuttavia le vere origini di questo dolce sono ancora incerte e sulla loro primogenitura è battaglia tra chi sostiene l’origine piemontese e chi invece li considera di invenzione regale. Una leggenda infatti narra che in una sera di novembre del 1852 nella casa Reale dei Savoia, il cuoco di corte si trovò a dover esaudire la golosa richiesta di Re Vittorio Emanuele II, il quale chiese di “assaggiare un dolce dal sapore autentico e nuovo”.
Il cuoco si mise subito all’opera utilizzando quello che aveva a disposizione e fu così che nacquero i noti baci di dama, dolcetti artigianali di forma circolare composti da due calotte di frolla uniti assieme da un velo di cioccolato sciolto, che a vederli sembrano proprio immortalare un romantico bacio tra due bocche innamorate.
Si racconta che da quel momento divenne un ambito dolce di corte che si propagò sulle ricche tavole dei reali europei.

Pare però, a seguito di approfondite ricerche, che l’autentica origine provenga proprio dalla città di Tortona dove risiede la storica pasticceria dei fratelli Vercesi. Alla fine del 1800 il cavalier Stefano Vercesi decise di modificare la ricetta dei già famosi baci di dama, sostituendo le nocciole con le mandorle e aggiungendo nel morbido impasto il cacao. Nacquero così i baci dorati. Presentati alla fiera internazionale di Milano nel 1906 vinsero infatti la medaglia d’oro, massimo riconoscimento di pasticceria del tempo.
Realizzati ancor oggi nel rispetto dell’antica ricetta e venduti in un elegante scatola liberty con all’interno la famosa poesia “Paggio Fernando ove son nati i gustosissimi Baci Dorati?

I Baci Dorati son Tortonesi

Li hanno creati i F.lli VERCESI;

Son squisitissimi, cari, gustosi

Come i sorrisi d'Amanti e di Sposi,

Son fatti col sugo di candidi Fior,

Tuffati e ravvolti nei Baci d'Amor!


Lassù tra le vette

Sul monte e sul piano

Nel mar, tra le lande

Lontano, lontano

Nell'Itala Libia, ciascuna domanda

I BACI DORATI (Diletta Jolanda)

Premiati alle gare

Dell'Arte e Lavor

Con Grande Medaglia

E Diploma d'Onor
 Ad oggi hanno anche ottenuto il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale della regione Piemonte e grazie alle guide gastronomiche italiane che li citano spesso, questi dolcetti sono conosciuti anche oltre i nostri confini nazionali.

La ricetta che vi propongo oggi è quella del maestro Montersino.

Baci di dama (L. Montersino)

Per circa 60-70 pezzi

  • 250g burro morbido
  • 200g zucchero
  • 1 tuorlo piccolo
  • 250g farina 00
  • 250g farina di nocciole
  • 1 cucchiaino di estratto naturale di vaniglia
  • 1 pizzico di sale
  • cioccolato fondente q.b.

Lavorate il burro morbido con lo zucchero, aggiungete il tuorlo, la vaniglia e il sale. Aggiungete quindi le due farine e lavorate velocemente per ottenere una palla compatta. Fate riposare l'impasto in frigorifero, coperto da pellicola, per almeno 6 ore.
Formate delle palline di impasto piccole (di 10g circa ognuna – le mie sono da 15 e sono un po’ grandi a mio avviso) e disponetele su una teglia coperta con carta forno avendo cura di distanziarle bene. Lasciate riposare ancora 1 ora in frigorifero.
Accendete il forno statico a 140°C e cuocete i baci per circa 25 minuti. Devono essere sfornati quando sono ancora chiari e friabilissimi. Sfornate e lasciate raffreddare completamente su una gratella prima di accoppiarli con il cioccolato fondente fuso.
Sono più buoni consumati qualche giorno dopo, quindi conservarli in scatole di latta o a chiusura ermetica in luogo fresco e asciutto.


Fonti:




Pasticceria Vercesi Tortona http://www.pasticceriavercesitortona.it/baci-dorati- stessa fonte della foto dei baci dorati


MTC N. 56 - TEMA DEL MESE: LE REGINELLE SICILIANE

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di Therese Caruana Fornelli Profumati

In Sicilia, se entri in un panificio, oltre al pane trovi anche diversi tipi di biscotti e soprattutto quelli tradizionali, che non mancano mai, come le “Reginelle”.  Oltre ad essere chiamati Reginelle, questi biscotti in dialetto hanno diversi nomi, da alcune parti si chiamano “viscotti ca giuggiulena” (biscotti con i semi di sesamo) mentre in altri vengono chiamati “viscotta ‘nciminati”(biscotti col “cimino”, vale a dire biscotti con semi di sesamo).
In qualunque modo li vogliate chiamare, questi biscotti sono particolarmente friabili, ed allo stesso tempo croccanti con un sapore caratteristico, addolcito dalla copertura del sesamo.
Come mi raccontava mia nonna, una volta questi biscotti si preparavano con una frolla a base di strutto, e anche lei li preparava in questo modo, ottenendo cosi un biscotto più croccante.
Seguendo la vecchia ricetta della nonna, ho preparato questi biscotti, con una frolla al burro e una cottura leggera (circa una ventina di minuti), per ottenere un biscotto morbido.
Se volete accompagnare al meglio questi biscotti, con un sapore sempre tradizionale della Sicilia, un bicchierino di Zibibbo, ci sta benissimo.
Reginelle Siciliane
Ingredienti;

  • 250g di farina00
  • 75g di burro
  • 75g di zucchero
  • 1Uovo bio
  • Un cucchiaio di lievito per dolci
  • 100ml di latte
  • Scorza di un’arancia
  • Un cucchiaino di estratto di vaniglia
  • Semi di sesamo q.b
Versate nella planetaria la farina, lo zucchero e il lievito. Unite il burro freddo tagliato a pezzi, 50ml di latte e il sale. Inserite il gancio a foglia e azionate la planetaria. Lavorate fino ad ottenere un impasto compatto. Togliete dalla planetaria e formate una palla con le mani. Avvolgete nella pellicola e fate riposare in frigo per circa 2 ore. Passato il tempo di riposo, riprendete la frolla e formate dei salsicciotti, poi dividete in pezzi di circa 5cm ciascuno. Schiacciate leggermente ogni pezzo, poi passate prima nel latte e dopo nei semi di sesamo. Adagiate i biscotti su di una teglia rivestita da carta forno. Preriscaldate il forno a 200°C poi abbassate la temperatura a  180°C e infornate i biscotti per circa 20 minuti, finche non saranno leggermente dorati.

MTC N. 56 - TIPS & TRICKS: LA FROLLA SABLÉ DI GIANLUCA ARESU

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Di tutte le ragioni per cui vale la pena di ringraziare il web della sua esistenza, Rita Mezzini è la più golosa. da anni, ci delizia con dolci strepitosi, dalle pagine di quella fucina culinaria che è un vero e proprio laboratorio di pasticceria, pronto a sfornare ogni giorno fragranti biscotti, ariosi pan di Spagna, soffici brioche, morbide creme e dolci di ogni tipo, tutti accomunati dalla capacità di far rimanere a bocca aperta, da tanta è la bravura della sua artefice. In particolare, dire biscotti e pensare a Rita è una associazione quasi pavloviana, per chi come noi segue il suo blog praticamente da sempre. E incontrare Rita proprio in occasione di questa sfida è stata una di quelle coincidenze in cui il caso si rivela una volta tanto alleato.il resto lo hanno fatto la sua disponibilità, la sua generosità e la sua bravura, ed è tutto nell'articolo che segue.


Articolo di Rita Mezzini - La fucina culinaria


Quando tratto la frolla durante i corsi di dolci che tengo sono solita dire che esistono tante ricette di pasta frolla,ma solo due metodi per impastarla,ovvero il metodo sabbiato che parte da burro freddo di frigorifero ed il metodo classico che usa invece burro a temperatura ambiente.
In realtà esiste anche la frolla montata,ma il suo metodo di lavorazione è dedicato solo ad alcune ricette di pasta frolla con caratteristiche ben precise (massa molto areata che crea un impasto molto soffice e friabile adatto solo per alcuni tipi di biscotti come i frollini viennesi),mentre i due metodi sopracitati possono essere applicate a tutte le ricette.
Se ben eseguiti entrambi i metodi portano ad un ottimo risultato,ma a livello casalingo e soprattutto se si è alle prime armi con la frolla il metodo sabbiato,a mio parere,è da preferirsi in quanto è più difficile “scaldare” il burro e compromettere la friabilità della frolla.
Inoltre partendo dal burro freddo ho anche il vantaggio di non dover programmare la frolla,quando decido di preparare l’impasto posso subito partire a farlo,mentre con il metodo classico devo portare il burro alla giusta consistenza e ciò richiede tempo ed un occhio ben allenato.
Ho realizzato alcuni fotogrammi che illustrano i passaggi principali della lavorazione della pasta frolla con il metodo sabbiato (burro freddo).
Io ho impastato a mano,ma quanto visto può essere replicato pari pari con la planetaria usando il gancio a k (o foglia).Mi preme sottolineare che l’utilizzo della planetaria riduce i tempi di preparazione e certamente non si fatica,ma la planetaria la frolla non la sa fare,siamo noi che dobbiamo farla lavorare con criterio (leggi “posso toppare la frolla anche la miglior planetaria al mondo!! :-)) e ciò avverrà con più facilità se sappiamo impastarla a mano (Sorelle Simili docet ).

Nella lavorazione della pasta frolla sono fondamentali due aspetti: non scaldare il burro, non svegliare il glutine, ciò si traduce in quel “mantra” che avrete spesso sentito e cioè  “la pasta frolla va lavorata velocemente” ed io mi permetto di aggiungere anche “e bene”!.
Ho scelto come ricetta una frolla  sablée di Gianluca Aresu dotata di grande plasticità con cui ho realizzato i biscotti ad inizio pagina.

INTRECCI
Ingredienti
Per la frolla sablée alla vaniglia


  • 225 g di farina debole
  • 150 g di burro
  • 75 g di zucchero al velo
  • 25 g di uova intere
  • mezza bacca di vaniglia
  • un pizzico di sale
Per la frolla al cacao


  • 200 g di farina debole
  • 25 g di cacao in polvere
  • 150 g di burro
  • 75 g di zucchero al velo
  • 25 g di uova intere
  • un pizzico di sale
  • Procedimento





Mettete sul piano di lavoro la farina setacciata, togliete dal frigo il burro, tagliatelo a piccoli pezzi che devono avere le stesse dimensioni e metteteli sulla farina.
Nota:Se tagliate il burro mescolandolo alla farina con un’operazione simile a quando impanate le cotolette,sarete agevolati nel taglio e ridurrete le possibilità di riscaldare il burro.
Prendete sulla punta delle dita qualche pezzetto di burro e della farina ed iniziate a sfregarli fra loro.Questa operazione è fondamentale per ottenere una frolla friabile.
L’operazione che si deve fare è sempre e solo di sfregamento,non bisogna mai schiacciare il burro con la farina,perchè così lo scalderemmo.
Questa operazione di sfregamento posso farla anche mettendo burro e farina sul palmo della mano e sfregando con l’altra. Se avete le mani fredde sarete molto agevolate,se al contrario sono calde, prima di iniziare ad impastare mettetele sotto l’acqua fredda.
Vedrete che mano a mano che “sfregate” tra loro farina e burro l’impasto cambierà aspetto sotto i vostri occhi e da una farina bianca ed impalpabile vedrete formarsi un impasto “giallino “e granuloso che ricorda appunto la sabbia.Non devono rimanere pezzi di burro né farina.
Questa operazione va fatta il più velocemente possibile.



Con sfarinato ottenuto fate una bella fontana ampia come quando preparate la sfoglia e dentro versate lo zucchero, le uova ,il pizzico di sale e gli aromi che avrete precedentemente amalgamato tra di loro a crema in una ciotola. Ciò permette di non avere la pasta “tutta a puntini “rossi,perché i tuorli non si sono ben incorporati.Coprite la crema con lo sfarinato.
Se la ricetta prevede cacao lo metterete ora.





A questo punto è obbligatorio lavorare l’impasto con una spatola.
La spatola dovete inserirla sotto una parte dello sfarinato,ribaltarlo sull’impasto rimasto sul piano e poi dovete affondare la spatola su di esso e farla strisciare sul tavolo verso di voi portandovi dietro l’impasto,così facendo la farina assorbe i liquidi (la cremina) e vedrete nascere la frolla sotto i vostri occhi.
Dovete procedere con l’operazione sopradescritta fino a quando lo sfarinato avrà assorbito tutti i liquidi.Anche questo passaggio va svolto nel minor tempo possibile.
Ora vi resta solo da formare il panetto:sempre usando  la spatola compattate l’impasto premendolo sul tavolo,dividetelo a metà e sovrapponete le due parti, compattate di nuovo.Procedete in questo modo per altre 2/3 volte.
Infine fate semplicemente rotolare la massa ottenuta sul tagliere per un paio di volte,vi si formerà un cilindro che appiattirete formando il panetto.




Avvolgete la pasta frolla con pellicola oppure mettetela in un sacchetto gelo.
Altro passaggio fondamentale per la pasta frolla è il riposo in frigorifero che deve essere minimo di
6 ore.L’ideale sarebbe prepararla il giorno prima.
Infatti per quanto si lavori bene l’impasto,comunque il burro verrà scaldato ed il glutine svegliato e
solo con il riposo entrambi ritornano allo stato originario.
In frigorifero la pasta frolla si conserva  per 2/3 giorni ,in freezer per 2/3 mesi.
Se congelate la frolla,fatela sempre scongelare in frigorifero e mai a temperatura ambiente.




Come dicevo qualche riga sopra questa frolla di Aresu è dotata di grande plasticità,infatti vedete
come si riesce a modellare con molta facilità senza che si rompa o crepi.

MTC N.56 - TEMA DEL MESE: I CANTUCCI DI PRATO

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di Susy Mai Coscina di pollo

I cantucci di Prato, nascono nel XVI secolo, il nome deriva da "cantellus" che vuol dire fetta/pezzo di pane.
In principio infatti i "cantucci" non contenevano zuccheri ed erano molto diversi dai cantucci che conosciamo oggi.
Curiosamente i primi cenni storici vogliono questi biscotti come specialità tipica della città di Pisa, anche se, dobbiamo ammettere che si trattava di cantucci molto diversi da quelli pratesi.
È a partire dalla seconda metà del '500, con l'arrivo della canna da zucchero che i cantucci di Prato diventano dolci ed aggiungono le mandorle all'impasto, diventando uno dei biscotti simbolo della Toscana.
L'inventore dei cantucci, come oggi li conosciamo, è il pratese Antonio Mattei che perfezionò la ricetta e li fece conoscere in tutto il mondo partecipando all'esposizione universale di Parigi del 1867.
Nonostante le tante variazioni sul tema, dai cantucci al cioccolato a quelli con la scorza d'arancia, i cantucci tradizionali sono solo quelli dell'azienda Mattei, che ancora oggi, custodisce gelosamente l'unica e vera ricetta di queste piccole bontà.
Il Cantuccio è un'istituzione e va mangiato come rito comanda, infatti viene servito a fine pasto ed inzuppato in un bicchierino del miglior vino liquoroso, detto Vin Santo.
Un piccolo biscotto che racchiude in sé tanta storia della mia Toscana.
Se vi trovate a passare da Prato non fateveli scappare!


Ricetta x circa 20 pz.


  • 300gr di farina tipo "00"
  • 300gr di zucchero
  • 100gr di burro
  • 2 uova 
  • un pizzico di lievito
  • 200gr di mandorle intere

Impastare la farina con il burro ammorbidito, lo zucchero, le uova, il lievito ed infine le mandorle.
Amalgamate bene il tutto.
Dividere l'impasto in 3 filoncini stretti e lunghi, arrotolateli aiutandovi con un po’ di farina.
Poneteli ben distanziati nella teglia rivestita di carta forno e fate cuocere a 180° per 15 minuti.
Sfornate, lasciate intiepidire e tagliate in tralice.
Servite accompagnati da vin santo o vino liquoroso dolce.


MTC N. 56 - TEMA DEL MESE: I BISCOTTI DEL LAGACCIO

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Di Vittoria Traversa La cucina piccoLina


Oggi vi parliamo di un famoso prodotto dolciario genovese, semplice, genuino e rustico…… come noi genovesi!

Sono veri biscotti, nel senso che sono proprio cotti due volte per migliorarne la conservabilità e renderli più croccanti e fragranti.

I Biscotti del Lagaccio o semplicemente "Lagacci" nacquero nel 1593 nel quartiere del Lagaccio, a Genova, in un piccolo laboratorio situato vicino a una polveriera, nei pressi del bacino artificiale omonimo voluto da Andrea Doria.

Ma da dove nasce il curioso nome di “Lagaccio”?

A seguito dell'edificazione, intorno al 1530, del Palazzo del Principe, prospiciente al mare, nel 1539 fu realizzata nella valle, per volere del principe Andrea Doria, una diga per creare un lago artificiale destinato ad irrigare i giardini ed alimentare la stupenda fontana del Nettuno della reggia. L'acquedotto fu terminato nel 1540 con un lavatoio pubblico.

Da metà del 1600 l’acqua del lago servì al funzionamento di una polveriera.

Dopo l’800 il lago perse la sua utilità, divenne limaccioso e stagnante, il posto assunse un aspetto lugubre e da qui assunse il nome Lagaccio, ora esteso al quartiere, e negli anni sessanta del ‘900 venne interrato.



Ed eccoci ai nostri biscotti!

Nei pressi della polveriera sorgeva, sin dal 1593, un forno che produceva delle fette biscottate dolci adatte alla conservazione in barca. Vennero molto apprezzate da tutta la popolazione e in seguito, con il nome di biscotti del Lagaccio, sarebbero state prodotte da numerosi biscottifici di Genova e del Basso Piemonte. La fabbrica si è successivamente spostata nel lato nord del monte Righi.

Ad oggi i migliori biscotti del lagaccio vengono prodotti da industrie locali come Panarello, Preti e Grondona con più o meno burro e sempre con lievito madre anche se ci sono ricette che prevedono l’uso del lievito di birra. Esiste una ricetta più antica, riportata sulla Cuciniera genovese di G.B.Ratti, priva di lievito, ma la sconsiglio perché ne risultano ovviamente biscotti durissimi.

I Biscotti del Lagaccio sono relativamente leggeri, ecco i valori nutrizionali medi:

I valori nutrizionali si riferiscono a 100 g di prodotto - Fonte: Preti Dolciaria Alimentare SpA



Valore energetico

Proteine

Carboidrati

Grassi

cal 296 - KJ 1.252

6,7 g

53,1 g

6,4 g


La ricetta che vi propongo è un adattamento mio alla ricetta di una cara amica, Ilaria Fioravanti di Dolcisognare

BISCOTTI DEL LAGACCIO

  • 400 g Lievito Madre
  • 250 g acqua
  • 300 g farina 00
  • 300 g farina manitoba
  • 250 g zucchero
  • 200 g burro
  • Semi di un bacello di vaniglia
  • Sale un pizzico
Procedimento:
Sciogliete il lievito madre con l’acqua e 50 g di zucchero, poi aggiungete le farine, il sale, il restante zucchero e impastate bene fino a incordatura. Aggiungete allora la vaniglia e il burro a temperatura ambiente a piccoli pezzi. Fate assorbire bene e impastate ancora fino a incordatura. Lasciate lievitare in una ciotola imburrata circa 6 ore. Prendete l’impasto e rovesciatelo delicatamente sul piano infarinato. Allargatelo senza impastare in modo da ottenere un rettangolo che dividerete in 4. Arrotolate ogni pezzo su se stesso per ottenere 4 filoni, sistemateli in teglia e lasciate lievitare a temperatura ambiente altre 6 ore o tutta la notte. Cuocete a 180 gradi fino a doratura, lasciate riposare fino a raffreddamento, poi tagliate delle fette sbieche spese 2 cm. Rimettete in forno a 170 gradi a biscottare girandole una volta. Lasciate raffreddare e conservate in scatole di latta o sacchetti per alimenti ben sigillati.
Questa dose dovrebbe durare una settimana x 4 persone……. Dovrebbe!


MTC N. 56 - "ANCHE NO": Raviole con frolla alle mandorle e granella di pistacchio di Sandra

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di Sandra Venturoli Vacchi

Queste mi piacciono, ma delle raviole bolognesi, mia ossessione da piccola, resta solo la forma.
Le raviole era tradizione farle il giorno di San Giuseppe ma purtroppo a casa mia come in tante famiglie era il dolce classico che accompagnava la pinza bolognese,altro dolce da incubo per me, veniva usata la stessa pasta e la stessa farcia.
Se non si è capito proprio non mi piacevano ma se si andava in visita dalle zie o dalle vicine con la mamma ,potevi essere sicura che le raviole farcite con la mostarda c’erano e bisognava mangiarle ,l’ospite si sarebbe offesa.
Ora mi sono un po riconciliata perchè alcuni panifici bolognesi offrono questo dolci fatti con ottima pasta ed ogni tanto mi faccio tentare ...ma mai le farò
Arriva la proposta di Dani&Juri per l’MTC 56 che faccio ? Le raviole e perché no, arriva Chantal da Parigi devo preparare qualcosa ed anche lei come me adora i pistacchi..quindi si fanno. Ma come? 
Non certamente le classiche !
Penso a come preparare la frolla che nelle raviole classiche è una simil frolla con lievito e seguendo invece la classica che faccio da anni comincio .

Ingredienti per la frolla sablé
circa 22/23 raviole di 8 cm di diametro 

  • 150 gr di burro freddo
  • 100 gr di zucchero a velo
  • 1 uovo
  • 50 gr di polvere di mandorle 
  • 250 gr di farina 00
  • e perchè no 50 gr di granella di pistacchio 

Metto gli ingredienti nella planetaria ,fuorché l’uovo battuto e la granella .Lavorando con la foglia ottengo della sabbia ,aggiungo l’uovo battuto ,impasto ancora un po ed aggiungo la granella ecco il panetto pronto per andare avvolto nella pellicola in frigo per 12/16 ore.
E qui devo meditare sul contenuto .
Perché non usare una ricetta che rielaborai in parte tempo fa prendendo spunto dai Panelletes catalane?

Farcia
Ingredienti

  • 100 gr di polvere di pistacchi
  • 100 gr di zucchero di canna integrale
  • 1 albume battuto
  • 1 cucchiaio di Rhum ( facoltativo)
  • 65 gr di purea di patate farinose

Mescolare zucchero , polvere di pistacchi ,aggiungere la purea e l’albume battuto ed amalgamare bene il composto .Mettere in frigo per qualche ora.
Facendolo con lo zucchero di canna integrale ovviamente diventa un impasto scuretto ma ottimo .

Ora prepariamo le raviole
Acceso il forno a 180 °
Personalmente ho preferito farne un po alla volta .Ho tagliato fette di pasta e senza bisogno di lavorarla nuovamente l’ho stesa fra due fogli di carta forno ,spessore circa 3/4 mm .Tagliati cerchi di 8 cm e messo un cucchiaino di farcia nel centro e chiuso delicatamente.
A casa mia si tagliavano con la rotellina usando come misura un bicchiere .
Messe in forno per circa 15 mn ,non devono essere troppo colorate.
Lasciate raffreddare e spolverate con zucchero a velo.
PS vi rimarrà in frigo parecchia farcia ma non c’e problema fate solo meta’ dose o la congelate o 
fate delle palline le passate nel tuorlo d’uovo battuto le coprite di granella di pistacchi o di pinoli e le infornate per circa 20 minuti nel forno a 180 °.Non devono colorarsi troppo quindi attenzione eventualmente copritele con alluminio . Ed ecco i simil Panelletes catalani 


MTC N. 56 - TEMA DEL MESE: LE OFELLE DI PARONA

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di Antonella Eberlin Cucino Io


L’Ofella è un biscotto di frolla molto semplice, di cui ufficialmente si conoscono solo gli ingredienti, ma non quantità e procedure: farina di frumento, uova, burro, zucchero, lievito e olio di oliva.

Parona è un piccolo paese della Lomellina, zona agricola conosciuta anche per prodotti legati alle oche, pertanto la storia vuole, che in passato al posto del burro venisse usato il grasso d’oca, più facile da reperire nelle campagne lomelline.

Nell’Azienda Le Specialità srl, uno dei due biscottifici che a Parona continuano a produrre il tradizionale biscotto, oramai conosciuto in tutto il mondo, c’è una linea denominata “nostrane” che tra gli ingredienti mantiene l’1% di strutto d’oca, tra l’altro diminuendo il burro, i biscotti sono meno calorici in quanto nello strutto d’oca vi è un ottimale equilibrio fra i grassi saturi e insaturi.

La leggenda che viene tramandata ancora oggi racconta che a Parona, piccolo centro di quasi 2000 abitanti, situato tra i territori di Vigevano, Mortara e Cilavegna, abitasse la famiglia Colli, papà Pietro e mamma Francesca Panzarasa con i loro 7 figli.

La famiglia gestiva una locanda dalla cucina casalinga. Presso la locanda si fermavano i soldati dell’esercito savoiardo che venivano rifocillati prima delle battaglie. In una di queste soste vennero offerte ai soldati oltre alla frittata di uova e rane, polenta, e buon vino locale anche il biscotto semplice dalla forma ovale imperfetta, unica e inconfondibile.

Le figlie Pasqualina e Elena, detta Linin, producevano questi dolci cuocendoli nel forno del paese, senza mai svelarne la ricetta, nonostante le numerose richieste anche accompagnate da offerte economiche, che furono fatte alle sorelle fino al 1930 quando morirono.

Le sorelle Colli furono le prime, agli inizi del 900, a commercializzare il prodotto iniziando a venderlo in un banchetto alla festa patronale, che ancora oggi si tiene la prima domenica di ottobre. Vendevano i biscotti a numero e non a peso, tanto erano considerati preziosi.
Nel 1969 la Proloco decise di istituire la Sagra delle Offelle, dando un grande slancio commerciale al prodotto, ma tutelandone la genuinità attraverso un marchio di garanzia numerato,  fornito ai produttori che hanno preso il posto degli antichi forni casalinghi, e brevettando il nome e la scatola riconosciuta in tutto il mondo. Durante la sagra è possibile assaggiare, acquistare il prodotto e visitare i laboratori, partecipando alle numerose iniziative che vengono organizzate.


Ogni anno una ragazza prende il ruolo di Pasqualina Colli, e ne fa rivivere la storia sotto braccio al “marito” Pinotu.  La tradizione vuole che il volto della donna sia svelato solamente il sabato della sagra. Nessuno, tranne un ristretto gruppo di organizzatori, potrà conoscere in anteprima chi sarà la Pasqualina.


Nel 2015 all’interno della Sagra è stata introdotta una gara di pasticceria che ha visto protagonisti sia il settore dei professionisti (pasticcerie, ristoratori, cuochi…) sia appassionati estimatori di offelle per la realizzazione di un piatto dolce o salato dove il biscotto doveva essere protagonista, con un vincitore per categoria. Visto il successo della prima edizione è molto probabile che l’iniziativa si ripeta la prossima sagra, occorre quindi organizzarsi in tempo per il prossimo ottobre.



Ho trovato, attraverso amici della condotta di SlowFood di Vigevano, un ricettario fatto da alcune nonne della zona, ed è questa ricetta che quindi vi riporto:
Ingredienti

·         300 g. di farina 00

·         150 g di burro

·         150 g di zucchero

·         Un cucchiaino di lievito

·         un pizzico di sale

Fare la fontana sul tavolo, aggiungere lo zucchero e il burro a temperatura ambiente. Quando tutti gli ingredienti son ben amalgamati e  si è formato un composto morbido, avvolgerlo nella pellicola per alimenti e lasciarlo riposare per una mezz’ora.
Passato il tempo spianare il composto ad un’altezza di 3/4 mm.  Adoperare il cutter  adatto al biscotto e cuocere in forno fino a doratura a 200°.







MTC N. 56 - TEMA DEL MESE: I BISCOTTI DI NOVARA

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di Susanna Canetti Afrodita’s Kitchen
I Biscotti di Novara sono dei biscottini leggerissimi dal colore dorato, caratterizzati da una struttura finemente aerata e spugnosa, e da una consistenza molto friabile, realizzati solamente con tre ingredienti: zucchero, uova e farina. Nonostante approfondite ricerche, non si è riusciti a stabilire con precisione dove e come abbiano avuto origine. Le prime notizie ci arrivano dai monasteri femminili del XVI secolo, nei  quali esistevano dei veri e propri laboratori di pasticceria, per la preparazione di dolci da offrire nei giorni di festa agli alti prelati della città, in cambio di generose offerte. Questi dolci, infatti, comprendevano tra i loro ingredienti anche il costosissimo zucchero, un ingrediente decisamente di nicchia in quell'epoca. A quei tempi, nella prima domenica di Pasqua, vi era la consuetudine di distribuire ai poveri, da parte del clero della Cattedrale, della Basilica di Gaudenzio e dei parroci della città, un pane dolce di frumento denominato "pane di Polla" (la parola polla probabilmente deriva dal latino "pollen", ossia fior di farina). Con il passare del tempo, il dolce venne chiamato "biscottino delle monache di Novara", e tale rimase sino alla soppressione dei conventi, voluta da Napoleone nel 1800.
Fu così che le monache si videro costrette a cambiare vita, e molte di loro trovarono accoglienza presso le famiglie più abbienti della città, dove trasferirono e diffusero le loro conoscenze culinarie. Da quel momento la ricetta del biscotto di Novara non fu più un segreto, e il prodotto venne ben presto messo in commercio da un droghiere, un certo Prina, che iniziò a venderlo nella sua bottega con il nome di "Biscottino di Novara del Prina".
In poco tempo, si creò attorno a questo prodotto, una libera e intensa concorrenza tra i pasticceri della città, che perfezionarono il biscotto, soprattutto nella tecnica di cottura, tanto da migliorarne la capacità di conservazione, e da aprire la strada alla possibilità di spedizione lontano da Novara. Da questo momento i biscotti diventano il fiore all'occhiello delle più rinomate pasticcerie novaresi, venendo realizzati nei moderni laboratori con una speciale attrezzatura, che deposita uno strato di impasto di circa 2 mm su carta paglia. I fogli vengono poi messi in forno, ad una temperatura di 270°C, dove l'impasto cuoce in breve tempo. Estratti dal forno, i biscotti sono staccati dai fogli con una lama e sono sistemati in una camera di essiccamento, nella quale sostano per circa mezz'ora, alla temperatura di 50°C, subendo una seconda "cottura" (da qui il termine bis-cotto, cioè cotto due volte). In passato, era effettuata anche un'ulteriore tostatura del prodotto, che gli conferiva un colore dorato su tutte e due i lati, e un sapore particolarmente gradevole. All'inizio i "Biscotti di Novara" venivano venduti alla dozzina o al chilogrammo, e le qualità più curate e meglio riuscite venivano confezionate avvolgendole a due a due con carta sottile. Ma la svolta storica nella produzione dei biscotti si ha quando Mario Pavesi arriva a Novara e, nel 1937, avvia la sua produzione dolciaria. Durante la seconda guerra mondiale la piccola azienda di Pavesi produce approvvigionamenti per i militari dell’esercito e, dopo un viaggio negli Stati Uniti, al termine del conflitto mondiale, riesce ad avviare la produzione dei biscotti su vasta scala, grazie all'innovazione dell’impacchettamento. Negli anni cinquanta vennero commercializzati i "trentadue biscotti in un etto", al prezzo simbolico di cento lire, ma saranno gli anni sessanta, quelli del boom economico, ad affermare nel mondo il prodotto novarese. Pavesi infatti, con grandi capacità imprenditoriali, è fra coloro che comprendono l’importanza della pubblicità, e assolda il pubblicitario Erberto Carboni che ideò lo slogan "E’ sempre l’ora dei Pavesini", in uso ancora oggi. Oltre alla produzione industriale, anche quella artigianale ha avuto molto successo negli anni, tanto che il più storico e noto biscottificio di Novara, Camporelli, situato tra i vicoli del centro, vanta ormai una solidissima fama e tradizione.
Infine, quando si parla della storia dei biscotti di Novara, non si può tralasciare la storia del carnevale novarese e della Maschera di "Re Biscottino", perché essa si snoda parallelamente e porta con sé i valori simbolici che questo prodotto ha assunto. Nel secolo scorso, un comitato composto da commercianti, professionisti ed esponenti della nobiltà, prese l’iniziativa di dare vita ad un rinnovato carnevale, con lo scopo di dare sfogo al clima di euforia che si era creato, grazie ai mutamenti sociali  che facevano di Novara una città moderna.
Ma questo carnevale era stato ideato soprattutto per celebrare il nuovo corso dell’economia novarese, e per onorare i suoi protagonisti, gli "offalieri", ossia i pasticceri. Ed ecco che nacque una nuova maschera, quella di Re Biscottino, con manto di ermellino e lunga barba. Il biscotto venne così incoronato come "simbolo della città" e tale resta ancora oggi.

Ingredienti per 50 biscotti:


  • 200 g di zucchero semolato
  • 200 g di farina di grano tenero tipo 00 debole (W170)
  • 3 uova medie+ 1 tuorlo a temperatura ambiente
  • zucchero semolato aromatizzato alla vaniglia q.b.
Preparazione:
Versare nella planetaria lo zucchero e le uova più il tuorlo rigorosamente a temperatura ambiente. Montare utilizzando la frusta a filo a velocità alta per circa 15 minuti, fino a quando il composto avrà triplicato il suo volume e alzando la frusta si formerà un becco (in alternativa alla planetaria utilizzare uno sbattitore piuttosto potente).
Aggiungere la farina setacciata un cucchiaio alla volta, mescolando lentamente con una spatola dal basso verso l'alto, facendo attenzione a non smontare il composto.
Versare il composto in una tasca da pasticcere con bocchetta liscia e piatta di 2 cm (in alternativa utilizzare una tasca usa e getta praticando un foro di 2 cm), quindi realizzare delle strisce di impasto lunghe circa 8 cm su un paio di teglie ricoperte di carta da forno, distanziandole parecchio una dall'altra (in cottura si allargano molto). Spolverizzare le strisce di impasto con dello zucchero semolato, se possibile aromatizzato alla vaniglia, ottenuto lasciando riposare lo zucchero per una settimana in una vaso di vetro a chiusura ermetica insieme ad alcuni baccelli di vaniglia già incisi e privati dei semi (ogni volta che utilizzate i semi della vaniglia per i vostri dolci abituatevi a riciclare i baccelli per aromatizzare lo zucchero in modo naturale ed economico)
Lasciar riposare in luogo fresco, fuori dal frigorifero, per circa 15/20 minuti, quindi cuocere in forno preriscaldato a 180° in modalità statica, fino a leggera doratura. Nel mio forno sono bastati 10 minuti, ma regolatevi in base al vostro, tenendo sotto controllo il colore dei biscotti, che non devono mai scurirsi.
Sfornare, lasciar raffreddare, quindi staccare delicatamente i biscotti dalla carta da forno con una spatola e disporli su una gratella per un paio d'ore, in modo che perdano tutta l'umidità.
Si possono conservare in una scatola di latta per biscotti per alcuni giorni, anzi il giorno dopo sono ancora più buoni che appena sfornati.

Fonti:



MTC N. 56 - "ANCHE NO": FROLLINI AL LIMONE E ZAGARA DI KATIA

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di Katia Zanghì

La mia seconda sfida. Dani e Iuri di Acqua e menta hanno vinto la sfida MTC n. 55 con il loro magnifico cuscus e stavolta ci stanno sfidando sui biscotti . Di frolla. 
Dopo aver letto tutto ciò che finora è comparso sull' argomento in questi giorni, e pur avendo abbastanza dimestichezza con i biscotti, mi sono sentita un' incompetente .
Non è falsa modestia, ma semplice consapevolezza. I biscotti sono per tutti, forse, il primo passo in cucina ; in un angolino della nostra memoria,abbiamo certo ricordi di mani di bimba impiastricciate e profumi e colori della cucina di nonna.
Ma anche di quelli da portare a scuola , o per il primo tè con le amiche ; e poi quelli da regalare, da appendere a Natale sull' albero, e di nuovo i primi biscotti da insegnare a tua figlia , e il gioco ricomincia ,adesso con la prima nipotina .
Ma è davvero un gioco ? E sono " solo " biscotti ? Me lo sono chiesta, leggendo quanta attenzione , tecnica e precisione ci sono dietro le indicazioni scritte da ognuno di voi. Anzi, ho voluto affidarmi al post di Rita Mezzini , sulla sablée di Gianluca Aresu. Dopo le meraviglie stratosferiche che ho visto in quest giorni,stavo per rinunciare. Ma Annaluisa mi ha ricordato che in questo gioco la sfida più grande è quella con noi stessi, quindi.. 
Sono frollini al limone  e zagara, per ricordarvi dei profumi della mia Sicilia. Li ho farciti con una salsa al limone che faccio spesso, senza uova e latticini ; in più, solo qualche petalo di zagara .
Biscotti semplici, ma con la ricetta vi mando un pezzetto di me e della mia terra. 
Consapevole, finalmente, che non sono " solo " biscotti .


Frollini al limone e zagara
Per la frolla :
  • g 225 di farina debole
  • g150 di burro
  • g75 di zucchero a velo
  • g 25 di uova intere
  • la buccia grattugiata di un limone
  • un pizzico di sale

Sabbiare velocemente la faina con il burro, allargarla a conca e versarvi lo zucchero, le uova e la buccia del limone, precedentemente mescolati a crema.
Adesso, con l' aiuto di una spatola, inglobare il composto alla farina, frollandolo proprio come dice nel suo magnifico post Rita Mezzini.
Una volta fatto un panetto, porlo a riposare in frigo. Io ve l' ho lasciato tutta la notte. Stendere la pasta , sagomarla della forma desiderata , ed infornare a 180 gradi, per circa 15 minuti .
La durata della cottura dipenderà dallo spessore che avrete dato ai biscotti, oltre che dal vostro forno.
Cotti, si farciscono con la salsa al limone e zagara .


Per la salsa al limone
  • g175 di acqua
  • 6 cucchiai di succo di limone non trattato
  • la buccia grattugiata di un limone
  • g 60 di zucchero
  • un cucchiaio colmo di amido di grano
  • qualche petalo di zagara

Stemperare l'amido con poca acqua e succo di limone tolti dal quantitativo indicato.
In un altro pentolino, unire i liquidi rimasti e lo zucchero, e portarli sul fornello, fino a scioglimento completo dello zucchero.
Versare lo sciroppo sull' amido stemperato in precedenza e riportare sul fuoco, mescolando fino ad addensare.
Unire, infine , la buccia grattugiata del limone e i petali della zagara sminuzzati .


MTC N. 56 - TEMA DEL MESE: I KRUMIRI

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di Bianca & Marta ovvero le Tritabiscotti


I crumiri sono deliziosi biscotti secchi, dalla forma angolata, resi friabili per l'abbondanza di burro.


Sono decorati con una particolare zigrinatura sulla superficie che è, ormai, diventata uno dei loro elementi distintivi. Si preparano con uova fresche, zucchero, burro, farina e vaniglia dai quali si ottengono gustosi biscotti dalla consistenza compatta e croccante e dal sapore dolce e gustoso, reso ancor più gradevole dal delicato profumo di vaniglia.
L'impasto ha una caratteristica ben precisa: l'assenza totale di acqua.


Sono originari di Casale, una cittadina del Monferrato, in provincia di Alessandria

Esistono varie leggende circa la loro origine, per esempio si racconta che si “ispirassero” a dei soldati, con il nome krumiri infatti venivano chiamati i soldati di ventura, che combatterono molti secoli fa a Casale, mentre un'altra leggenda vuole derivare il nome dall'omonima tribù tunisina che usava spade a mezzaluna.

La storia di questi friabilissimi biscotti invece, risale al 1870 quando si racconta che un po’ per gioco e un po’ per caso: nacquero i Krumiri. L’Italia era unita da pochi anni e ancora non si erano spenti gli echi del Risorgimento. Una notte, dopo una serata al caffè con gli amici, Domenico Rossi invitò tutti nel suo laboratorio di pasticceria e lì, in una misteriosa alchimia fra ingredienti e magia, sfornò i primi Krumiri, i quali devono il loro nome a un liquore molto apprezzato in quel periodo: il Krumiro appunto.


Nel 1878, come attestano i giornali dell’epoca, i Krumiri, quelli originali, erano già una golosa realtà dell’arte pasticcera italiana.
Grazie al suo piglio imprenditoriale, il loro inventore li rese famosi in breve tempo non soltanto entro i confini regionali, al punto di ottenere, tra il 1886 e il 1891, i Brevetti di Provveditore delle Case dei Duchi d'Aosta, di Genova e della Real Casa d'Italia.


Entrati, ormai, a tutti gli effetti a far parte della tradizione dolciaria piemontese, i Krumiri sono diventati anche oggetto di tutela e di riconoscimento da parte del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali che li ha inseriti nell'elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT).


Per ciò che riguarda la particolare forma, essa è così arcuata per omaggiare il Re Vittorio Emanuele II che era solito portare i cosiddetti "baffi a manubrio" dei quali i Krumiri volevano, probabilmente, riprodurre l'aspetto.
Ma la forma del biscotto pare abbia una diversa origine, secondo un “pettegolezzo” che ci arriva direttamente da un post della nostra Van Pelt: pare che il sig Rossi avesse richiesto un grande lavoro di produzione ai suoi operai, in cambio però di un modestissimo incremento del salario. Il risultato fu che per protesta, gli operai iniziarono a produrre biscotti a forma di accento circonflesso, ovvero storti. Ma i biscotti erano così buoni che la loro fama crebbe comunque nonostante la forma, il sabotaggio fallì miseramente.



Nelle varie famiglie piemontesi vengono preparate diverse versioni, a seconda delle zone e delle ricette di famiglia, ma la produzione deve essere fatta rigorosamente il sabato. Sono ottimi, manco a dirlo,  con lo zabaione, altra ricetta tipicamente piemontese.




Ingredienti:


  • farina di mais g 140
  • burro g 140
  • farina bianca g 100
  • zucchero g 75 
  • 2 tuorli d’uovo 
  • Vaniglia 

Esecuzione:

Mescolare la farina di mais, la farina bianca, lo zucchero, un pizzico di sale e la vaniglia; aggiungere il burro e i tuorli. Formare una palla, avvolgerla nella pellicola e lasciarla riposare per circa una mezzora.

Dividere poi in due o tre pezzi, inserirli, ad uno ad uno, in una tasca da pasticcere con bocchetta zigrinata ( o a stella)

Infarinare leggermente la spianatoia e far uscire dalla siringa dei lunghi cannelli rigati, da ritagliare in pezzi di una decina di centimetri. Appoggiare questi pezzi su una placca ricoperta di carta da forno e dare loro la forma caratteristica "a manubrio".

Infornare a 180 °C per 10 minuti o comunque fino a  quando saranno belli dorati, lasciare riposare per una notte intera.

Conservare in scatole di latta.

NB: Io non sono riuscita con la mia tasca da pasticcere a far uscire le striscette, ho quindi creato dei cordoncini zigrinandoli poi con la forchetta.. Ci si ingegna con quel che si può!


Fonti:

I dolci: le ricette dell'ultimo momento, Peruzzi editore
http://www.krumirirossi.it/
http://www.turismo.it/gusto/articolo/art/krumiri-del-monferrato-i-biscotti-pi-famosi-ditalia-id-10029/

http://starbooksblog.blogspot.it/2014/02/174-crumiri-del-monferrato-gosetti.html
http://cucinapiemontese.blogspot.it/2010/07/krumiri.html
 



MTC N. 56 - TEMA DEL MESE: I CANESTRELLI

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Introduzione a cura di Ilaria Talimani e Rosanna Monaco


Tipici della Liguria e del Piemonte, i canestrelli si presentano oggi in diverse versioni. L'etimologia del nome è incerta: secondo alcuni deriva dalla parola 'canestro' che indicava proprio il cesto di paglia o vimini in cui venivano fatti raffreddare i biscotti poi offerti in occasione di feste civili o religiose; secondo altri il termine è strettamente legato alla forma dello stampo in cui venivano fatti cuocere.
I primi canestrelli, dalla caratteristica forma di fiore con il buco al centro, pare risalgano ai tempi delle prime corporazioni medievali dei produttori di ostie che li vendevano nei mercati o sui sagrati delle chiese. Erano già dei biscotti molto friabili ed simboleggiavano l'abbondanza, come si può desumere dai sette canestrelli a sei punte raffigurati nel Genovino d'oro coniato dalla Repubblica di Genova nel XIII secolo.


Non a caso, una primissima traccia documentale del canestrello è legata a un episodio avvenuto nel 1576 e narrato dalle cronache del tempo, quando, un mulattiere venne accoltellato e derubato della merce che portava “sulla via pubblica della Trebbia in mira del Casone dei Donderi”, e nella lista circostanziata della denuncia del malcapitato appare anche, non senza un certo rilievo “un cavagno di canestrelli”.
Il delizioso dolcetto di pasta frolla tipico dell’entroterra ligure, proprio a Torriglia, capoluogo della Val Trebbia trova una delle più felici interpretazioni della sua ricetta.
La commercializzazione, invece, viene fatta risalire ufficialmente al 1829. In quell’anno, infatti, narrano sempre le accurate cronache locali, una certa «signora Maria Avanzino, vulgo Pollicina», convolava a giuste nozze con tale Giuseppe Dondero, patron del primo Bar Caffè di Torriglia, un posticino di lusso, con tanto di pianoforte e presenza fissa di nobili e pezzi grossi del paese, e la coppia cominciò a offrire agli avventori queste piccole bontà a forma di stella a sei punte, con un buco al centro e, facoltativa, una spruzzata di zucchero a velo in superficie a ingentilire il tutto. Da allora, la ricetta, che molto genericamente comprende farina, burro, zucchero, rossi d’uovo, liquore e limone grattugiato, non è cambiata e il canestrelletto di Torriglia ha consolidato la sua fama. Attualmente l'attività di produzione del Canestrelletto di Torriglia protetto dal PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale italiano) è svolta da sette produttori (una fabbrica pasticceria, una pasticceria, 2 forni, 3 laboratori artigianali ) il Consorzio del Canestrelletto, che organizza e foraggia la “Sagra del Canestrello” o per i puristi locali, Canestrelletto!

Questa la ricetta originale del Canestrelletto di Torriglia



Ricetta di Rosanna Monaco Glassa Rosa Souvenir e Foto



Per il tema del mese ho quindi sviluppato la ricetta dei canestrelli liguri unendo varie fonti e creando la mia versione personale.
Ingredienti:
(per 50 biscotti)
- 250 g di farina W170
- 250 g di maizena
- 2 g di sale fino
- 1 g di vaniglia (estratto o bacca)
- 300 g di burro
- 125 g di zucchero a velo
- 5 tuorli
vi occorrono inoltre:
- zucchero a velo per spolverizzare
- formina fiore a 6 lobi
- il tappo di un pennarello grande o di un burro cacao
PREPARAZIONE
In un contenitore capiente miscelate con un cucchiaio la farina, la maizena, il sale e la vanillina quindi aggiungete il burro freddo a pezzettini e con le punte delle dita fate come per sbriciolarlo assieme alla polvere. A questo punto aggiungete lo zucchero a velo e i tuorli, amalgamate velocemente con un cucchiaio e rovesciate tutto su una spianatoia dove dovrete compattare il tutto senza lavorare l'impasto: basterà che il composto si tenga assieme, avvolgetelo in pellicola e ponete in frigorifero per almeno mezz'ora/un'ora.
Trascorso il tempo con un mattarello stendete l'impasto fino ad ottenere uno spessore di 1 cm: formate i canestrelli con l'apposito stampo e praticate il buco al centro quindi disponeteli su una leccarda rivestita di carta da forno distanti un paio di centimetri l'uno dall'altro e cuoceteli in forno statico preriscaldato a 170°C per 25 minuti.
La pasta in eccesso ovviamente si riutilizza: non si impasta ma si ricompatta e si stende fino a che non sarà esaurita.
Una volta sfornati, fate intiepidire i canestrelli e spolverizzateli con abbondante zucchero a velo. I biscotti si conservano in una scatola di latta o in un contenitore ermetico praticamente intatti per una settimana abbondante.
Fonti:

MTC N. 56 - TEMA DEL MESE: GLI ZUCCHERINI

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di Cinzia Martellini Cortella Cindystarblog


Gli zuccherini bolognesi sono piccoli biscotti di frolla caratteristici della città emiliana: si usava prepararli per i matrimoni, ma oggi si possono trovare nei migliori forni e panifici della città quasi tutto l'anno.

Ce ne parla anche Katia Brentani, giovane scrittrice bolognese, nel suo libro Bologna la dolce. Curiosando sotto i portici fra antichi sapori,  nel capitolo dedicato al mese di Giugno, uno tra i mesi più gettonati alla celebrazioni di matrimoni.
Per questa occasione, a Bologna e dintorni è ancora antica usanza preparare questi biscottini, i zucarèn, a forma di anello, quasi a raffigurare le fedi nuziali. Nei tempi addietro sostituivano i tradizionali ma più costosi, e per alcuni inavvicinabili, confetti. Oggigiorno si usa ancora offrirli agli ospiti, soprattutto nei paesi di campagna.
Ed un tempo, era festa grande la preparazione di queste piccole dolcezze. Nei giorni che precedevano le nozze, infatti, si radunavano insieme tutte le donne amiche e parenti degli sposi per prepararne una quantità industriale; era un momento di convivialità intensa, di vivaci chiacchiere congiunte, mentre le mani veloci ed abili formavano tanti piccoli anellini di pasta. A questo gran trambusto culinario era esclusa la sposa, perché si credeva non fosse di buon auspicio per il matrimonio che lei partecipasse alla preparazione degli zuccherini.
Grande importanza e responsabilità era affidata al prescelto per il forno, in quanto doveva saper bilanciare perfettamente la temperatura dello stesso (una volta a legna) con il tempo di cottura dei biscottini: questi dovevano rimanere pallidi, quasi bianchi, colore immacolato del sacramento nuziale, ma essere comunque cotti all'interno.
Una volta cotti, si passava alla scelta dei migliori, che venivano sistemati nei tradizionali sacchettini bianchi (e sempre in numero dispari, come i confetti, sempre per buon auspicio) o nei cestini ricoperti di tulle da servire a tavola. Tutti gli zuccherini scartati, per forma o grandezza imperfetta, allietavano poi le colazioni e merende dei giorni seguenti.
Come vuole la tradizione, ogni famiglia aveva la sua personale ricetta, che non veniva ceduta a terzi ma conservata gelosamente nei ricettari di casa e tramandata di generazione in generazione.
E non c'era matrimonio dove le azdore invitate commentavano, spesso criticando, gli zuccherini offerti, sempre inevitabilmente difettosi e imparagonabili ai loro, decisamente migliori!
Ancora oggi, sotto i portici bolognesi, può capitare di sentire una persona anziana che chiede ad un giovane: aloura, quand'is fan i zucarein? (allora quando facciamo gli zuccherini?), un modo esplicito ma educato (e così elegantemente retrò) di chiedere se è già stata fissata la data delle nozze.




Avevo già imparato a fare questi deliziosi biscottini ad un corso con le mitiche sorelle Simili, che nella loro ricetta aggiungono una noce di strutto e una punta di miele.
Katia Brentani riporta nel suo libro la sua ricetta di casa con la quale ha preparato gli zuccherini del suo matrimonio: prevede l'aggiunta di fecola di patate e vaniglia.

Di seguito la ricetta solennemente decretata dall'Accademia Italiana della Cucina, Delegazione di Bologna San Luca e depositata con atto notarile l'11 ottobre 2007 presso la Camera di Commercio di Bologna, Palazzo della Mercanzia.
Ringrazio la mia amica Sabrina Gasparri di Bologna che mi ha gentilmente passato la ricetta depositata, presente su un opuscolo distribuito gratuitamente dalla Camera di Commercio di Bologna. Le ricette contenute in questo opuscolo sono state scelte dopo una lunga ricerca tra le ricette di famiglia e quelle trovate nei testi antichi.


Ingredienti per 2 kg di zuccherini:


  • 1 kg di farina 00
  • 550 g di zucchero
  • 250 g di burro freddo, a tocchetti
  • 100 g di zucchero a velo vanigliato
  • 50 g di mandorle tostate leggermente
  • 5 uova intere e 1 tuorlo
  • una bustina di lievito per dolci
  • scorza di limone biologico grattugiata

In un robot da cucina ridurre le mandorle in polvere con un cucchiaio scarso di zucchero.
Con la punta delle dita impastare velocemente la farina con il burro per ottenere uno sbriciolato. Unire lo zucchero rimasto, la farina di mandorle, il lievito setacciato e le uova leggermente sbattute.
Lavorare velocemente tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto omogeneo e lasciarlo riposare in frigorifero per un'ora circa, avvolto nella pellicola.
Prendere poi delle piccoli porzioni di pasta e formare dei bastoncini di diametro leggermente inferiore a quello di una sigaretta, arrotolarli ad anello intorno alla punta di un dito (solitamente l'indice della mano opposta) e disporli sulla teglia ricoperta di carta da forno.
Cuocere a 160° per 10 minuti.
La cottura è molto delicata, perché gli zuccherini non devono colorirsi troppo.
Lasciarli raffreddare e spolverizzarli con zucchero a velo vanigliato.
Lasciarli infine riposare per qualche giorno in una scatole rivestita di carta oleata prima di consumarli.




Riporto inoltre le ricette sia delle mitiche Sorelle Simili che di Katia Brentani indicando solo gli ingredienti in quanto il procedimento è lo stesso.

Zuccherini Bolognesi delle sorelle Simili
Ingredienti:

  • 1 kg di farina 00
  • 375 g di burro a temperatura ambiente
  • 25 g di strutto
  • 400 g di zucchero
  • 50 g di latte
  • 4 uova
  • 10 g di miele
  • 5 g di sale
  • 25 g di lievito per dolci
Zuccherini Bolognesi di Katia Brentani
Ingredienti:

  • 1 kg di farina 00
  • 500 g di zucchero semolato
  • 200 g di fecola di patate
  • 200 g di burro
  • 6 uova
  • 1 bustina di lievito per dolci 
  • 100 g di vaniglia
  • scorza grattugiata di un limone bio
  • liquore all'anice (facoltativo)



Fonti:

https://katiabrentani.wordpress.com/katia/i-quaderni-del-loggione/
http://www.egnews.it/bologna-storia-sapere-e-cultura-della-tavola-1-parte/?print=print

MTC n. 56 - I BISCOTTI NEL TE' ALL'INGLESE

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base per un low tea (tè semplice)

Il tè con i biscotti: cosa vale la pena di imparare dagli Inglesi

di Acquaviva 

La storia dei biscotti raccontataci qualche giorno fa da Alice, parte dagli antichi Romani e si ferma all’iniziativa inglese della produzione industriale presto dilagata in tutta Europa. Mentre in Italia produttori come Lazzaroni o Digerini & Marinai non cominciarono a meccanizzarsi prima di metà ‘800, la prima “fabbrica di biscotti” britannica fu la Mc Vites & Price, che aprì i battenti nel 1770, presto seguita, nell’arco dei successivi 50 anni, da Crawford & Sons, Mc Farlane Lang,  Huntley Palmers, Carr & C, Peek Frean e Jacobs. Queste ultime tre società, per contrastare il successo delle concorrenti scozzesi (ovvero le prime tre), dopo la Seconda Guerra Mondiale si riunirono nella Associated Biscuit Manufactures, che dal 1989 fa parte di Danone e che continua a produrre oltre 400 tipi di biscotti diversi.

la fabbrica della Huntley & Palmers riprodotta su una scatola da biscotti
Non occorre entrare ulteriormente nei meandri della storia per comprendere che furono dunque i Britannici i primi a fare del biscotto un prodotto industriale di qualità, a valorizzarne la varietà e pure a confezionarli in scatole di latta, che erano perfette per il trasporto e conservazione dei biscotti da parte di viaggiatori locali, ma soprattutto per le spedizioni oltremare. La scatola di latta divenne la norma anche per i bottegai italiani di fine ‘800, i quali acquistavano all'ingrosso i biscotti industriali e, quando un’operaia guadagnava in media 1 lira al giorno, li vendevano sfusi a 3,60 lire al chilo, disponendoli in scatole di latta con “vuoto a rendere”. Le più usate erano quelle da 2,5 chili, giusto per capire quanto fosse costoso l'acquisto, riservato all'alta borghesia.
 
scatola da biscotti italiana
Ma questa è un'altra storia. Torniamo agli Inglesi a al ruolo fondamentale che ebbero fin dal ‘600 nel trasformare il tè medicale in una bevanda ricercata e di moda, fino a tradurne il consumo, dalla metà  dell' 800, in un vero e proprio rito sociale: l’afternoon tea. La storia di questa celeberrima abitudine d’oltremanica, diffusa poi nelle sale da tè di mezzo mondo ma rimasta, a livello domestico, una "specialità" tutta britannica, è ricca di dettagli curiosissimi per i suoi rituali, le sue convenzioni, i suoi miti e soprattutto il suo impatto sulla storia inglese a livello sociale ed economico. 

Raccontare tutto richiederebbe un articolo a parte… o meglio un libro intero! In questa sede ci basta sapere che un classico “tè all’ inglese” prevede di servire ad un gruppo ristretto di ospiti, in un ambiente piacevole e rilassato, un paio di tipi di tè diversi, spesso addizionati con latte freddo e zucchero bianco (meglio in zollette) e sempre accompagnati da quattro fondamentali nibble, che devono comparire accanto alla preziosa bevanda in almeno una varietà per tipo. In ordine di “consumo”, si deve poter assaggiare: piccoli sandwich salati di pane morbido, scones appena fatti da spalmare con clotted cream e confettura, biscotti croccanti e burrosi e fette di una torta lievitata o di un pane dolce alla frutta.


scones da farcire con clotted cream e confettura, e tortine
A noi qui interessano solo (sic!) i biscotti. In merito gli stessi Inglesi sostengono con orgoglio che, se il tè costituisce la malta con cui si costruì l’Impero Britannico, la non meno fantastica varietà di biscotti inglesi ne rappresenta i mattoni. Il gioco di questo post, allora, non è tanto elencare le varietà di biscotti britannici che tradizionalmente accompagnano il “tè delle cinque”, quanto entrare appieno nella mentalità inglese che vive l’invito per l’afternoon tea come una forma di racconto di sé e del proprio modo di vivere l’amicizia, la casa e l’accoglienza, dedicandosi così all’arte del ricevere nella sua massima espressione.

Nulla di strano, dunque, che un tea party abbia in Gran Bretagna la stessa importanza che ha per noi Italiani un invito a cena e che, al di là degli stereotipi, lo si possa dunque declinare in modo classico o creativo, etnico o storico, elegante o divertente, stagionale o locale… Insomma: nulla di più normale che un tea party abbia un tema e che, di conseguenza, tutto quanto ne faccia parte venga declinato in armonia con lo spunto di partenza: stoviglie e tovagliato, abbigliamento personale e decori d’arredo, composizioni floreali e sottofondo musicale: nessun particolare è un dettaglio nella ricerca dell’atmosfera più adatta. Ovviamente risulta protagonista centrale l’abbinamento tra la varietà di tè prescelta e le golosità che lo accompagnano, abbinamento che deve tenere conto, oltre che dell’atmosfera generale a cui contribuiscono tutti gli altri elementi, delle caratteristiche primarie del tè prescelto, ovvero acidità, dolcezza, tannicità, corpo, equilibrio e persistenza al palato.
 
un low tea nella tea room di una casa di campagna
Parlando esclusivamente di armonia tra tè e biscotti, un classic English tea party prevederebbe tè Darjeeling, possibilmente First Flush (“considerato lo champagne dei tè indiani”) abbinato a semplici biscotti al burro oppure a shorbread, mentre se si trattasse di un high tea, considerato una leggera cena pre-teatro, si sceglierebbero un tè Assam, dall’aroma ricco e maltato, e degli almond biscotti (bis-cotti alle mandorle e vaniglia simili ai nostri cantucci). Per l’apoteosi formale del genere, lo champagne tea, si affianca un flûte di champagne ad un tè verde, l’erbaceo Gunpowder, e si trasforma la base shortbread in un sottile bocconcino da decorare con un ciuffetto di panna montata al Grand Marnier ed una fragola fresca.

champagne tea nella sala da tè di un grande albergo
E questo solo per restare nelle tradizioni più classiche. Ma come cambia un afternoon tea se esce dagli schemi e si vuole legare, per esempio, alla stagione? Bene: un fireside tea autunnale vede un tè Lapsang Souchong, dal profumo affumicato, accostato a dei ginger biscuit addizionati di zenzero candito. A Natale, invece, sicuramente spiced Christmas tea e molti dolcetti, come florentines alle ciliegie candite o stelline allo zenzero e cannella Un delicato floral garden tea in giardino estivo, invece, probabilmente preferisce un leggero tè Keemun, naturalmente dolce, servito senza latte né zucchero, insieme a shortbread alla lavanda oppure piccole meringhe farcite con panna alle rose.

floral garden tea
Ma il tè si sa benissimo adeguare anche all’occasione: un birthday tea party per bambini associa un tè freddo addizionato di succo d’arancia e frutta fresca a biscottini al burro con forme buffe e glasse multicolori; se il compleanno è per una ragazzina adolescente, il tè sarà di frutti rossi profumato da una stecca di vaniglia e i biscotti prenderanno la forma di cuoricini decorati con zucchero rosa. Un bridal shower tea per un addio al nubilato vedrebbe invece protagonista un tè Nilgiri, sofisticata varietà di Darjeeling Blue Mountains, e dei sablée trasformati in piccole tartellette da farcire con crema inglese e fragoline di bosco; un gentleman’s tea riservato a soli uomini, invece, servirebbe un robusto tè Yunnan al latte e preferirebbe sostituire a vezzosi dolcetti maggiori bocconcini salati, con al massimo dei pancake al burro di cannella.

E fino a qui siamo rimasti in patria. Ma nella mentalità britannica come vengono percepite le “cerimonie del tè” di altri Paesi? Semplice: come capita a tutti, adeguando le tradizioni straniere ai gusti locali! Così, ad esempio, in un freddo pomeriggio invernale, ispirandosi al complesso rito del chanoyu giapponese una signora inglese offrirebbe alle amiche del tè verde Sencha (non il rituale Matcha ma sempre nipponico) in purezza e dei dolcetti di frolla farciti con anko (marmellata di fagioli rossi). Se si trattasse di un’ispirazione russa, servirebbe un Russian caravan tea, miscela di tè settentrionali cinesi dall’aroma lievemente affumicato, con biscottini farciti di noci o ai semi di papavero. Se cercasse invece un’allure francese per il suo incontro, proporrebbe senz’altro un tè Formosa Oolong, dalle foglie multicolori e dal profumo fruttato, con madeleine o sfogliatine farcite di crème fraȋche.

tè alla menta e corni di gazzella, base per un Moroccan tea party
In piena estate invece, magari di ritorno da un viaggio, sedotta dall’atmosfera del Marocco la signora in questione citerebbe probabilmente tè alla menta e corni di gazzella; se fosse stata in America adorerebbe proporre un Boston iced tea al succo di cranberry da servire con cheesecakein miniatura, oppure un iced tea con frutta e agrumi insieme a peacan cookiesse avesse visitato gli Stati Uniti del sud. Da una vacanza ai Tropici riporterebbe l’idea di un chilled tea punch con rum e succo di ananas e di piccoli nutmeg wafer-thin bisquits. E potremo continuare così per pagine e pagine, tanta è la passione e la cura che si possono riversare in un afternoon tea, quando ci si crede. Ricordiamocelo, quando ci viene voglia di accompagnare un biscotto speciale ad una tazza di buon tè.


Acquaviva

Bibliografia:
Massimo Alberini, “Biscotti e Gallette” in La Cucina Italiana, aprile 1996
Susanna Bake, Afternoon tea parties, Ryland Peters & Small, 2008, isbn 978-1-84597-725-2
Giuliana Orme, Afternoon Tea at Home – Made Simple, Canonbury Publishing, 2008, ISBN 978-0-9555671-3-1

Credits:
foto tè e alzatina: da qui
immagine della fabbrica inglese: da qui
foto della scatola di biscotti: da e-bay
foto  scones e foto champagne tea: da qui

foto tea room: da qui


foto garden tea: da qui
foto corni di gazzella: da qui

MTC N.56: I PREMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

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Cinzia Martellini Cortella: regna sovrana nel Regno di Caccavelland, sulle morbide colline del Garda, su file di scolapasta di acciaio, caffettiere smaltate, piatti antichi leggermente sbreccati, alzatine della nonna e bottiglie del latte del tempo che fu. Il suo esercito è quello che il mondo le invidia delle posate spaiate, di tutte le fogge e di tutti i materiali e la sala del trono è la cucina più bella dell'universo, con la storia imprigionata nei nodi del legno del tavolo, la geografia che si spalanca davanti alle sue finestre e si declina dolce fino alle sponde del lago, la poesia che solo un lavandino di marmo sa far arrivare al cuore. Ma niente di tutto ciò può competere con la sua arma segreta: il Mattarello Magico, dagli intarsi perfetti, i soli capaci di imprimersi sui suoi biscotti e non spantegarsi in cottura, colorandosi semmai di tutte le sfumature che l'arcobaleno le presta, compreso il verde bile della Community che "quello mi manca!". A lei la parte da protagonista nella prossima produzione MTC, con tanto di nom de plume che più azzeccato non si può...



Lisa Fregosi: vostro figlio vi ha tenuti svegli tutta la notte, vostro marito non ha trovato le camicie stirate che gli avete messo davanti al naso, il capufficio ha deciso di annientare le ultime briciole della vostra pazienza- e al corso di yoga non c'è neanche uno straccio di posto libero? Niente paura: abbiamo il rimedio che fa per voi. I deliziosi biscotti alla camomilla e semi di papavero della nostra Maga delle Spezie che, esperimento dopo esperimento, ha finalmente trovato l'antidoto contro il logorio della vita moderna. Sono disponibili nel suo laboratorio, con una sola avvertenza: bussate forte e a lungo, se non dovesse rispondervi subito...


Chiara & Marta Calugi: fra i rischi della vita da foodblogger c'è quello di non trovar più il cibo da fotografare, quando finalmente la luce si decide a diventare quella giusta. Nell'attesa di correggere la distorta attitudine dei familiari, ancora convinti che tutto ciò che è commestibile debba essere mangiato, le due elaborano una strategia di occultamento che, nel caso dei biscotti, giunge quasi alla perfezione. Il "quasi"è tutto nel piccolo dettaglio del dimenticarsi dove li si è messi, dannandosi l'anima fino al tramonto e ritrovandoli solo quando fa buio. Ma le due hanno cervello da vendere e confidiamo che, per la prossima sfida, la soluzione ci sia. Nel mentre, ci permettiamo di fornire un piccolo suggerimento....

Gaia Innocenti - Alice Del Re: ovvero, le porti un lampone a Firenze, meglio se disidratato e poco costoso. E già, perché le due non solo vengono fulminate dalla stessa idea, di un biscotto aromatizzato con la polvere di questo frutto, ma pure dal cartellino del prezzo prima, e dalla decisione di setacciare la scatola di una famosa marca di cereali ai frutti rossi, poi. Quando si dice fulminate alla terza, insomma. Quando poi lo scoprono, dalla lettura incrociata dei post, è tutto un darsi metaforiche pacche sulle spalle e appuntamenti sulla riva dell'Arno, la domenica mattina...


Aurelia Bartoletti: i biscotti di Giove la fanno dannare, portando con loro un'ondata di sfortuna che travolge sac-à-poche, neuroni e pazienza della povera Aurelia. Tutta colpa della bis-bis-nonna greca, Aurelides Bartolettike, rea di due pesanti omissioni nella ricetta tramandata da generazioni: la prima, è il "Per", davanti a "Giove". E la seconda è il rito apotropaico e scaramantico che bisogna far precedere prima della loro preparazione. Come si evince da questa rara immagine, scovata fra le rovine dell'antica Prato...


Caris: da provetta pasticcera qual è, separa gli strati di frolla con acqua nebulizzata, spiegando alla sua bambina tutti i procedimenti. E peccato per quel profumo di limone che aleggia per la sua cucina, che non rientra negli ingredienti prescelti e che nessuno si spiega. E' solo quando la piccola le chiede lumi sull'utilizzo del detersivo nei biscotti che lei realizza di aver confuso gli spruzzatori.
No problem, Caris, può capitare.
L'importante è non confondere i mariti...


Susy May: con la foto dell'inzuppo fa godere tutta la blogsfera che qui riscatta anni di repressioni da bon ton, con biscotti solo lievemente sudati e tovagliette intonse ed asciutte. A lei va la medaglia d'oro di questo MTC, con una sequenza del suo migliore tuffo, nei panni di Susya Biscotto...



E sull'ultimo, ci limitiamo a segnare il passaggio da Corrocco a Corratatouille e a dire che da questo MTC in poi, per noi della Community la Tour Eiffel non sarà più la stessa cosa. E per il resto, ci appelliamo al V Emendamento...



... e mi son dimenticata la sorpresa, tutta per Fabio e Annalu!!



I premi dell'MTC sono il prodotto delle devianze mentali della Premiata Ditta Mai-Ale D'Amore, mai grata all'MTC come nelle ore che precedono questa pubblicazione, per le risate intercontinentali che vengono regalate ogni volta dai vostri post. Avanti così, che siete meravigliosi.

MTC N. 56 : i premi 30 mm!!!!!!

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obiettivo OK mtc 
Ragazzi, che lavoro mi avete fatto fare questa volta! Tante, tantissime foto e  soprattutto belle, belle, belle!!! Già il tema di per  vi ha ispirato moltissimo, ma la realizzazione degli scatti con cui presentare i vostri biscotti è stata un capolavoro! Risulta perciò evidente che il lavoro di scelta è stato lungo e difficile, perchè davvero meritavano di essere citate tantissime foto... Comunque dopo uno studio "matto e disperatissimo" ecco le vincitrici:

III classificate
Ecco "il rigore" anche nel presentare uno sfizioso biscotto:
Cominciamo da Alice. Semplicità e quasi austerità nel suo scatto: linee semplici, pulite, solo un piccolo tocco di verde per dar colore e la forma arrotondata dei biscotti ad ingentilire il tutto. Bello!!! 

Tamara, che presenta sempre in maniera impeccabile le sue creazioni, semplifica colore e linee per mostrarci i suoi biscotti, in un insieme quasi monocromatico, che sfrutta tutte le sfumature dal beige dorato al testa di moro più intenso.
Raffaella per gli originali biscotti al caffè, serviti direttamente in tazza con tutte le nuances della mia bevanda preferita!

II classificate
Bellissima e piena di colore la foto di  Lisa, per le sue rose rilassanti, che richiama la primavera in ogni  suo particolare: bella e luminosa.

Anche Patrizia ha puntato, nella sua immagine, per la freschezza, la luminosità e il colore, ed ha ottenuto un risultato molto piacevole e vivace.

I Classificata
Alessandra di menta e salvia con la sua immagine splendida per presentare i suoi biscotti dal nome complicato : gli Spitzbuben . Complimenti, davvero, per la bellezza semplice e così ben studiata, dello scatto.  Bravissima.

Brave, bravissime tutte!!!!

Ma mai come questa volta, sono necessarie la mie amatissime
CITAZIONI
Titolo di questo collage di Roberta ? secondo me è: "ecco i biscotti... ne assaggerò uno...ops, avevo detto uno!" Miglior pubblicità di questa, per una piccola dolcezza, non c'è!
Cominciamo ora con le esplosioni di colori primverili : 
la delicatezza di Alessandra
e di Sara,
di Caris (bellissimi biscotti!!!),
di Tiziana,
biscotti_al_cocco,_limone_e_semi_di_papavero_2
di Susi Mai (direi quasi espolosione e basta :-)!!),
di Patrizia (rigore e luce!),
di Nicol,
di Alice per i baci al lampone,
 e infine di Anna Maria...
Poi continuiamo con:
 Mai, che è davvero un fenomeno a sorprenderci con la sua bravura, ma anche con la sua creatività! Ecco gli eleganti Bisco-boton bicolori...
Bianco e nero chic, per i frollini di Fabiola per una partita a dama speciale,
 e sempre fiori per Giulia
e per Annarita (belli anche i suoi biscotti... con dedica all'MTC)
e, veri questa volta, per Chiarina
Originali : Gaia con le sue Carte da gioco...
Eleonora, con un bel racconto,
Milena con la presentazione dei suoi biscotti "gioiello".
e divertenti : le tea-bag di Marinella
e le facce da pub di Manuela
Chiudiamo come sempre con la interpretazione del tema n. 56 di Francy

Questa volta, più ancora del solito, complimenti a tutti i partecipanti e in particolare alle fantastiche vincitrici, che hanno messo a dura prova la mia capacità di scelta :-)
Vi aspettiamo stasera qui e da Dani e Juri per la proclamazione del vincitore! 
Alla prossima sfida e buona fortuna a tutti.
Daniela

MTC N. 56: LA RICETTA CHE HA VINTO E'...

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"Natura morta con alzatina e biscotti"
Olio su tela
60x50cm




Rimandati a Settembre.
O meglio: rimandati al prossimo luglio, con la conversione dell'appuntamento delle E-saltate in un ripasso dell'argomento di questa sfida visto che, a dispetto delle solite meraviglie apparse sui vari blog dei partecipanti, non siamo affatto contenti dei risultati.
Il primo mea culpa è il mio: in una sfida tutta dedicata alla bestia nera dell'MTC (la pasticceria), ho dato per scontato che tutti avessero conoscenze così  ampie, consolidate e sicure sulla frolla da poter sperimentare, anziché assimilare le basi. 
E questo proprio nel mese del nostro ultimo libro  libro, della sua scalata delle classifiche di vendita, della ristampa annunciata il giorno dopo la sua uscita in libreria, del "grande successo di pubblico e critica" frutto, a ben guardare, di un lungo insistere su un'unica base: quella pasta brisée che è mille volte più semplice dell'infinito mondo delle frolle.
Cosa mi sia girato, non lo so. 
Quello che so è che l'MTC non può permettersi di passare oltre o, peggio ancora, di far finta di niente. 
Senza drammi, ovviamente: se siamo una scuola di cucina- e lo siamo- l'unica ragione di esistere è quella di imparare. E se ciò non avviene, si ritenta: ripartendo dagli errori e dal solito spirito di leggerezza che è poi quellocheci permette di continuare ad andare avanti,crescendo nella nostra passione all'interno e riscuotendo consensi all'esterno. 
Tutto questo, sia chiaro, senza nulla togliere alla bravura dei "pasticceri" che, tanto per cambiare, è stata confermata con risultati strabilianti, sotto l'aspetto della sperimentazione, dell'eleganza, del gusto. Se pensate che questa sia stata una vittoria annunciata, vi sbagliate di grosso: combattuta come le altre, anzi forse un filino più delle altre, vista l'eccezionalità dei finalisti. 
Nello stesso tempo, l'MTC non è luogo dove si tollerino le due velocità: ognuno va a quella che gli appartiene, ma tutti devono avere la possibilità di cambiar marcia. 
Ed è anche per questo che ripetiamo.
Alla faccia del #bastabiscotti. 

Il mio grazie personale a Juri e Dani che hanno condotto la sfida con competenza, sicurezza e il solito impegno senza filtro, regalandoci infografiche, approfondimenti, ricette e consigli, con la generosità di sempre. Da loro troverete come al solito le riflessioni sulla sfida appena trascorsa e le motivazioni che li hanno portati alla scelta della ricetta vincente.
Il solito grazie che trabocca di ammirazione ad Alessandro Colonnetta, capace anche questa volta di intercettare l'essenza della nostra sfida ed esprimerla come lui solo sa fare sulla tela. 
E l'altrettanto consueto invito a correre a fare  le congratulazioni all'altra coppia dell'MTC, a cui passa il testimone per la prossima sfida.
Appuntamento a tutti, il 6 maggio (SEI MAGGIO) alle 9, con la nuova ricetta!

MTC N.57: GLI INDIZI

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Primo DOPPIO indizio


...perché se il buongiorno si vede dal mattino,
ne vedremo delle belle!
Buona visione!





SECONDO DOPPIO INDIZIO




Il terzo doppio indizio...






MTC n. 57: IL FILO DIRETTO

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Ovvero, il Filo da Torcere per i poveri Terzi Giudici...
domande, dubbi, perplessità, idee etc.etc sul tema della sfida n. 57!
lasciate tutto qui sotto, vi risponderemo appena possibile!

MTC n. 57: LA RICETTA DELLA SFIDA DI MAGGIO E'....

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Partiamo con una precisazione linguistica: anche se questo piatto appartiene di diritto al patrimonio dell'Umanità intera, visto che in tutto il mondo abitato, sin dai tempi più antichi, il formaggio costituì una delle prime conquiste dell'uomo e le variazioni sul tema furono una delle prime palestre dell'intelligenza culinaria, furono gli Anglosassoni ad aggiudicarsene ufficialmente la paternità: per cui, anche noi useremo il termine inglese in questa sfida, adattandolo però alle leggi della grammatica italiana che vogliono che si declini al maschile ogni termine straniero: il Cheesecake, quindi- e i Cheesecake, al plurale, sempre per la solita regola per cui delle parole straniere si assume solo la forma maschile singolare- e quella resta invariata.

Finito il pippone linguistico, vi lascio tirare il sospiro di sollievo che so che ha pervaso la Community in stile bora triestina, quando soffia forte: nessuna sfogliatella, nessun lievitato, nessuna elaborazione di alta pasticceria quale sappiamo essere nelle corde di Anna Luisa e Fabio: ma una preparazione relativamente semplice, alla portata di tutti, capace quindi di mettere tutti d'accordo, considerata anche l'apertura al salato che costituisce una boccata d'ossigeno per la fantasia di chi, col dolce, proprio non è a suo agio.

A questo proposito, va da sé che quando una sfida è poco tecnica, questa diventi automaticamente molto creativa.  
Il che, in casa MTC, significa una cosa sola: brividi sulla schiena della Van Pelt, a dispetto dei 40°C con cui mi sveglio qui ogni mattina, da quando sono tornata.
A brevissimo, pubblicheremo un approfondimento sugli abbinamenti per gusto: che cosa va con l'acido, che cosa con l'amaro, che cosa con il dolce- e via dicendo, secondo quella grammatica dei sapori che qui dentro è importante tanto quanto l'italiano. Di mio anticipo due cose:
1. tenete sempre conto che il filo conduttore di queste preparazioni è il formaggio cremoso: potrete aggiungere anche altri formaggi più o meno stagionati, ma alla base cremosa non si sfugge. 
2. spesso e volentieri, è un formaggio acido. Anche se mettete lo zucchero e il miele e via dicendo, l'acidità non solo resta, ma deve anche rimanere, perchè questa è la caratteristica che connota i cheesecake tutti.
Quindi, se vedo un matcha o uno zenzero nella crema, imbraccio il mitra e sparo. 
E non si dica che non vi ho avvisati :-)
E ora, via col 

REGOLAMENTO PARTICOLARE

La Sfida verte sul cheesecake dolce e salato: il primo può essere a crudo o cotto, il secondo solo a crudo. Quando si parla di crudo, si intende che dopo l'assemblaggio il cheesecake non va in forno ma in frigo: ovviamente, se sono previsti ingredienti che richiedono cottura, questi sono ammessi (e direi anche caldamente consigliati). 

Potete partecipare con un massimo di tre cheesecake: l'unica condizione che si pone è che non siano tutte della stessa tipologia: non fatene tre dolci o tre salate, insomma. 

L'agrodolce è considerato salato

Per quanto concerne la base, potete usare biscotti pronti oppure fatti in casa. Le altre basi (pasta frolla o biscuit o altri impasti similari o altro, tout court) devono essere fatte in casa.

La base può essere aromatizzata a vostro piacere, anche se comprata. (per esempio, se volete aggiungere dello zenzero ai Digestive, potete farlo :-))

Il legante della base è il burro (qualsiasi tipo): sono però ammesse sperimentazioni, come i burri vegani o altre robe del genere. Gli intolleranti ai latticini possono usare qualsiasi sostituto. 

La crema deve essere a base di formaggio cremoso (sennò, che crema è?): ad esso potete aggiungere altri formaggi, anche stagionati, ma in proporzioni tali da non compromettere la pastosità del risultato finale. Sono ammessi tutti gli altri inserimenti che vi vengano in mente, fermo restando quanto sopra.

Per quando concerne gli aromi, ogni volta che vi viene un guizzo di creatività, pensatemi in versione Rambo, con il mitra. Nessuno vuole cheesecake piatti o tutti uguali, ma tutti vogliamo cheesecake buoni. Partite sempre dall'ingrediente di base- il formaggio- in purezza. Assaggiatelo, prima di cominciare- e studiateci su. Scegliete poi la base e assaggiate pure quella. E magari assaggiateli anche assieme. E poi da lì, pian piano, fate prendere forma al vostro piatto. 
Le regole esistono per essere infrante- e questo ve lo dico con tutta l'onestà di cui sono capace. Ma per infrangerle, prima, bisogna averle interiorizzate. Di fronte alla bravura stellare di chi gioca ogni mese, io non mi sento di dire che il té è escluso da questa preparazione, perché fa a pugni con le creme: perché nel momento stesso in cui lo scrivo, mi vengono in mente certi té affumicati che sarebbero perfetti in cheesecake al salmone, per dire. Quindi, mi taccio. Nello stesso tempo, in nome della stessa onestà di cui sopra, vi dico che bisogna conoscerli bene, i té, per potersi lanciare in abbinamenti così sofisticati. Sto facendo degli esempi, sia chiaro: il principio vale per tutti gli ingredienti, spezie ed erbe aromatiche comprese. Lanciatevi solo se siete più che ferrati sull'argomento, insomma.

Il topping (ossia l'ultimo strato) è obbligatorio nei cheese cake a crudo ed è ovviamente a scelta. (per gli abbinamenti, vedi il pippone al punto precedente)

Sono ammessi strati ulteriori ed inserti

Sono ammesse salse di accompagnamento, ma non di completamento: il cheesecake, cioè, deve essere "completo" senza bisogno di aggiunte. Se volete fare una salsa, magari a decorazione del piatto, ci sta: ma non deve essere essenziale.  
Questo vale solo per i cheese cake a crudo. Nei cheesecake cotti, il topping non è obbligatorio e la salsa, facoltativa, può anche essere pensata come terzo elemento.


Non sono ammessi cheesecake salati cotti perché qui sconfineremmo nel variegato mondo delle torte salate- e onestamente abbiamo già dato

Gli addensanti: non servono nei cheesecake cotti, possono servire in quelli crudi. Fate attenzione a non abusarne e a dosarli bene, anche nell'eventuale topping non c'è niente di peggio di un cheesecake duro come la calce o con un topping che ti resta incollato al palato per tutta la notte. La morbidezza al taglio deve essere la stessa. 

E' obbligatoria la foto di una fetta, rigorosamente sformata.

Sono ammesse le monoporzioni e tutte le forme dell'universo mondo

REGOLAMENTO GENERALE

Ai fini dell'ammissione alla gara, sono ammesse solo le ricette che riporteranno correttamente i link all'MTC e al blog di Fabio e Annalu. Altrimenti, fuori concorso, nessun commento e vorticoso giramento di pelotas della sottoscritta che ha altro da pensare che a cacciare qualcuno dal gioco- ma tant'è. Scrivetevelo sul palmo della mano, attaccate un post it sul frigo, mettete una sveglia sul cellulare: ma ricordatevi di citare, per favore.

Anche se la ricetta è pubblicata con un giorno di ritardo, manteniamo gli stessi termini per la pubblicazione delle ricette:dalle 00.01 del 10 maggio alle 00.00 del 25. Tutto quello che arriva, prima e dopo, è fuori concorso. Gli anche no devono mandare la loro ricetta con foto a mtchallenge@gmail.com entro e non oltre le 00.00 del 25 maggio:provvederemo noi alla pubblicazione sul blog.

Sdogano ufficialmente i commenti "severi ma giusti", anche per i Terzi Giudici. Se c'è qualcosa che non va, ve lo diciamo in quella sede. Accettateli come suggerimenti per migliorare-e accettateli anche come attestati di stima: è più facile per tutti sbrigarsela con un "oh che bello, mi hai fatto proprio venir fame"- ma il rispetto per chi gioca passa anche per una critica, gentile e fondata. 

Il filo diretto, per tutte le vostre domande, è qui

Il banner della sfida è questo


GLI INDIZI

1. Say cheese :-). E in questa sfida si riderà parecchio, come avrete intuito dai video di Fabio & Annalu.
2. il riferimento era ai Digestive, che nascono proprio come biscotti per favorire la digestione
3. l'antesignano mediterraneo della cheesecake è la torta di formaggio latina, detta appunto Placenta.
E stavolta, non avete indovinato. 
Quindi, il neurone è in forze per concentrarsi sul cheesecake: e visto che ci aspettiamo grandi cose,  subito al lavoro!

MTC N. 57 - L'INFOGRAFICA (e lo psico-test)

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Infografica di Dani - Acqua e Menta / Psico-test di Giulia - Alterkitchen

I PROFILI

  1. L'acidella
    Sei più acida di uno yogurt scaduto: la gente prima di venire ad un appuntamento con te prende un Maloox. Forse una fetta di cheesecake ti addolcirà!
  2. La vegana pentita
    Sei galvanizzata dalla scoperta che l'Oreo sia vegano, ma ci sbatti sotto 1 chilo di cream cheese! Fai pace col cervello!
  3. La tradizionalista
    Se una cosa funziona, perché cambiarla? In effetti, come si può cambiare in meglio una cheesecake con le fragole fresche?
  4. La vera donna
    Sei una novella lady godiva, ma non cavalchi più nuda infischiandotene dell'altrui parere: ti scofani una fetta di torta che ha più calorie di una stufa a metano. E sei felice così!
  5. La maliziosa
    Eddai, che lo sappiamo a cosa hai pensato appena hai letto "cheesecake alla banana"!! Ma ci piaci anche così!
  6. L'avventurosa
    Si sa, nella vita ci va quel pizzico di sale a dar sapore alle cose.. pure al caramello, sopra una cheesecake grossa come un isolato!
  7. La "tu vuoi fà l'americano"
    Più stereotipi americani di così in una sola torta non li abbiamo mai visti, e tu li ami tutti! Quasi quasi ora infilzi la cheesecake su uno stecco e la vai ad arrostire al falò di un campeggio estivo in Texas.
  8. La (mangiatrice) compulsiva
    Quella che "se una ciliegia tira l'altra, figurarsi una cheesecake alla ciliegia.. ne servono almeno tre"!
  9. La "lo famo strano"
    Da quando hai scoperto la Key lime cake non hai capito più nulla, e ora metti i lime anche nel caffè. Profilo border line con l'acidella (torna al punto 1). 


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