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MTC N. 55 - LA RICETTA CHE HA VINTO È...

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"Il fumetto di pesce"
Olio su tela, 60x80cm



È stato l'mtc più incasinato della storia, fra i programmi e i fuori programma del nostro terzo giudice, così costantemente in giro per l'Italia che al confronto il trottolino amoroso ha la mobilita' di un menhir, il di lei cinquantesimo compleanno e, buon ultimo, l'uscita di Torte Salate, l'inizio del tour e l'approdo delle scricchiolanti ossa della sottoscritta da questa parte del mondo. Assieme alla consapevolezza, ogni giorno più forte, di non essere più quella di una volta. Sono indietrissimo con i commenti, in una delle sfide dove era necessario commentare: e non solo per le mirabolanti meraviglie che ci proponete ogni volta, ma anche per quelle incertezze che in qualche caso abbiamo ravvisato e che ci aspettavamo un po' tutti, complice un tema mai analizzato come in effetti meritava. E come merita ciascuno di voi: perché in questa strana scuola in cui tutti insegnano e tutti imparano, i consigli, i suggerimenti, anche le critiche fanno parte del gioco e, anzi, ne costituiscono l'aspetto più formativo e più serio. Nell'ottica di una crescita personale, che è quella per cui siamo tutti qui, il gridolino estatico ha senso solo quando la ricetta lo merita per davvero: al di fuori di questo, ci sono persone che meritano di essere consigliate e spronate nel loro percorso, a maggior ragione quando si intercettano come terzi giudici professionisti generosi e capaci come Anna. 
Di conseguenza, forse per la prima volta da che esiste l'MTC, mi riservo di tornare sulle vostre ricette, anche fra qualche tempo, appena gli impegni del tour e il mio neurone annebbiato me lo consentiranno, proprio per fare il punto sulle vostre proposte, una per una (e lo so che vi aspettavate un post celebrativo trionfale, ma non sarebbe l'MTC se dormissimo sugli allori. E comunque, ci aspettano due settimane di trionfi sul campo e la ferma intenzione e' di goderceli tutti, fino all'ultima goccia)
Ciò premesso, ora e' il momento di stappare bollicine: da Anna Maria, per le motivazioni, e da Dani &Juri per inondarli di congratulazioni. E magari per chieder loro un'infografica, su come si vince l'MTC :)
Un grazie che inizia e non finisce a tutti- e ci vediamo in giro per l'Italia nei prossimi 15 giorni!


MTC N. 55 - TEMA DEL MESE: CLAM CHOWDER

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Di Lucia meglio nota come Perla D'Arsella

La clam chowder è una zuppa tradizionale americana, celebrata con prose liriche da Melville in Moby Dick e dal romanziere Joseph C. Lincoln che la descrive "americana come la bandiera a stelle e strisce, patriottica come l'inno nazionale, Yankee Doodle in una pentola".
Come nelle migliori tradizioni americane questa quintessenza di orgoglio patriottico ha origini eterogenee: per il nome pare che si debbano ringraziare i cari, vecchi europei (chowder deriva dal latino calderia, in origine luogo per tenere le vivande in caldo e poi passato a indicare un recipiente per cuocere), mentre l'utilizzo dei molluschi sarebbe stato insegnato dagli indiani delle tribù della costa atlantica, grandi consumatori di vongole, cozze & c. (ricordiamo che i Padri Pellegrini le vongole le davano da mangiare ai maiali...).
Esistono diverse varianti di questa zuppa ma quella tradizionale è originaria del New England, per quanto poi si sia diffusa su tutto il territorio americano (la prima volta io l'ho mangiata a San Francisco).
Per noi italiani, abituati all'abbinamento vongole-olio-aglio-prezzemolo-peperoncino, trovare fra gli ingredienti latte e panna può sembrare un abominio, ma fidatevi, è buonissima e assolutamente non stucchevole.
Per la ricetta mi sono affidata a quella della Grande Capa Van Pelt, una garanzia.


per 4 persone

  • 1 kg di vongole (ho usato quelle piccole, dette lupini, perché le veraci non mi piacciono)
  • 1 cipolla bionda affettata sottile
  • 100 g. di pancetta affumicata a dadini
  • 2 belle patate sbucciate e fatte a dadini
  • mezzo litro di latte
  • 200 ml. di panna
  • olio

Far spurgare le vongole per un paio d'ore in acqua fredda salata.
Versare un filo d'olio in un tegame largo e basso, unire le vongole e farle aprire a fuoco vivace, tenendo il tegame coperto e agitandolo spesso. Eliminare le vongole che sono rimaste chiuse e sgusciare le altre, lasciandone solo alcune con la conchiglia per decorare.
Filtrare il liquido di cottura delle vongole (ho usato un colino fitto foderato con due dischi di tulle da bomboniere).
In una pentola capiente (io di ghisa) far tostare la pancetta finché avrà ceduto il grasso e poi toglierla.
Buttare la cipolla e le patate nel grasso della pancetta, farle insaporire mescolando bene, unire la pancetta, il latte e il liquido delle vongole.
Far cuocere finché la patata è morbida, poi frullare con il minipimer.
Aggiungere le vongole sgusciate e la panna e far cuocere per altri dieci minuti a fuoco bassissimo, senza far bollire. Salare, spolverare con una bella macinata di pepe, unire le vongole col guscio e servire.

MTC N. 55 - TEMA DEL MESE: CULLEN SKINK

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di Manuela Valentini Profumi e Colori

Il Cullen skink è un piatto molto popolare in tutta la Scozia, le sue radici affondano a Cullen un villaggio di pescatori sul Moray Firth.
Inizialmente però non era una zuppa a base di pesce, “shin (archetipo dell’attuale skink) of beef”, si riferiva allo stinco di manzo ed era una zuppa povera a basso costo, però in Scozia, dove il pesce era molto abbondante, si iniziò a sostituire la carne con il pesce, dando origine a questa meravigliosa zuppa.
Un piatto semplice, dove i profumi del mare incontrano quelli della terra in un’armonia di sapori. Un gusto ricco di mare armonizzato dalla dolcezza delle cipolle cotte lentamente con le patate che rendono vellutata la zuppa; per una consistenza maggiore si consiglia di lasciare sia le patate che il pesce in alcuni pezzi più grandi.
Non è difficile da fare, ma gli ingredienti, come il pesce molto fresco e le patate che devono essere farinose sono importanti, la zuppa poi che va servita fumante darà il meglio di se.
L’eglefino è l’ingrediente principe di questa zuppa, di cui esistono moltissime varianti.
L’Eglefino affumicato migliore per questa zuppa è lo smokies.
Smokies altri non è che l’eglefino (senza testa e sventrato) che è stato affumicato in modo tradizionale, nel raggio di 8 km da Arbroathl, dove viene pescato ed è prodotto protetto.
Il nome smokies deriva da una leggenda popolare che fa risalire il nome ad una casa a Auchmithie, dove gli haddocks erano appesi ad essiccare,  quando scoppiò un incendio che bruciò tutto. Cercando fra la cenere trovarono gli haddocks affumicati e deliziosi, da qui il nome smokies.
L’eglefino viene infilzato su botti di whisky tagliate a metà, e sul fondo si accende il fuoco coperto da sacchi di tela che intrappola il fumo, affumicando il pesce in circa 30-40 minuti.
Il gusto leggermente affumicato è molto importante in questa zuppa e poiché qui non ho trovato l’eglefino ho cercato di avvicinarmici il più possibile.
Ho scelto un filetto di merluzzo nordico pescato nell’atlantico e l’ho affumicato prima di preparare la zuppa.
Prima di procedere con l’affumicatura del merluzzo, anche se poi sapevo che l’avrei cotto ho preferito congelarlo tre giorni, per prevenire qualsiasi rischio di Anisakis
Marinatura

150 g sale
150 g zucchero
origano

Affumicatura

1 ciotola o pirofila
1 foglio carta alluminio
rametti secchi di rosmarino, salvia
buccia esterna di cipolla
qualche truciolo di legna non resinosa (io castagno)


Zuppa

Dosi per 4 persone


  • 500 g eglefino affumicato (io merluzzo)
  • 500 ml acqua
  • 1 cipolla
  • 2 patate
  • 1 foglia di alloro
  • 1 noce di burro
  • 1 porro
  • 500 ml latte intero
  • 50 ml panna liquida
  • sale e pepe nero macinato
  • prezzemolo tritato per guarnire


Marinatura

Cospargere il filetto con il sale, lo zucchero e un po’ di origano mescolati, massaggiare per far aderire bene e trasferire in un contenitore con coperchio.  Lasciare in frigorifero tutta la notte.

Ho usato una marinatura leggera per permettere al merluzzo di rimanere morbido.

Togliere il filetto dalla marinatura, sciacquarlo e tamponarlo con della carta da cucina, poi procedere con l’affumicatura




Affumicatura

Foderare la pirofila o la ciotola con la carta d’alluminio con la parte lucida verso l’alto, quindi mettere alla base qualche buccia di cipolla, ramettini secchi di rosmarino, salvia o altre erbe aromatiche e qualche piccolo truciolo di legna non resinosa.
Il pesce da affumicare va posizionato sulla griglia del forno con la pelle rivolta verso il basso, nella parte alta per evitare che si riscaldi.
Con un fiammifero accendere le foglie di cipolla e lasciare bruciare insieme ai rametti di erbe aromatiche. Io non uso carta, quindi potrebbe accadere di dover accendere il fuoco più volte.
Un consiglio: finché bruciate i rametti, mettetevi sul davanzale, o se lo possedete sul terrazzo, della cucina eviterete d’impregnare la stanza di fumo.
Appena la fiamma si spegne e inizia a salire il fumo trasferite subito la pirofila nella parte bassa del forno spento e chiudete lo sportello.
Lasciare affumicare il merluzzo per circa 3 ore, se necessario ripetere l’accensione del fuoco a metà affumicatura, aggiungendo qualche altro rametto.
Adesso il nostro merluzzo è pronto per preparare la zuppa.



Zuppa

In una padella mettere il pesce e coprirlo con circa 300 ml d’acqua e una foglia d’alloro, portare lentamente ad ebollizione. Basteranno pochi minuti, il filetto sarà cotto quando si presenterà opaco, quindi toglierlo dalla padella e metterlo da parte a raffreddare.
In un’ altra padella sciogliere il burro e poi aggiungere la cipolla e il porro tritati finemente, lasciarli sudare per circa 10 minuti prestando attenzione a non farli rosolare troppo.
Aggiungere le patate a cubetti e mescolarle, poi aggiungere l’acqua di cottura del pesce, portare lentamente ad ebollizione e cuocere fino a quando le patate saranno tenere.
Togliere la pelle al pesce e ridurlo a pezzetti.
Togliere dalle patate la foglia d’alloro, quindi aggiungere il latte e la panna e continuare a cuocere per qualche minuto, schiacciando parte delle patate con un mestolo sul bordo della pentola, aggiungere parte del pesce e sminuzzarlo assieme alle patate.
Regolare di sale, se occorre, aggiungere il pesce rimasto, far amalgamare per due minuti e servire fumante spolverando con del prezzemolo tritato.
Io ho aggiunto la pelle del pesce che ho leggermente rosolato per qualche minuto in padella con pezzettino di burro.

Zuppa buonissima anche se non ho trovato l’eglefino.


Biografia:


MTC. N. 55 - TEMA DEL MESE: CAHN CUA CA

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di Marica Bochicchio

La Zuppa Cahn Chua Ca è una zuppa speziata e piccante del Vietnam, originaria della Regione del Mekong, nota anche come Zuppa di Pesce al Tamarindo e comprende tra gli ingredienti ortaggi freschi e ananas. Il termine Cahn indica un brodo vegetale o di carne, Chua significa agrodolce, e Ca significa pesce.
Sicuramente è una zuppa che è stata mutuata dalla cucina francese nonostante l'uso di erbe aromatiche crude appartenga alla cucina Vietnamita. Nessun paese al mondo come il Vietnam è in grado di offrire più di un tipo di menta, basilico e coriandolo fresco, i mercati vendono molte specie della stessa erba aromatica.
Il pesce usato in questa ricetta è quello del fiume Mekong, il pesce gatto, altrimenti può essere reinterpretata utilizzando altri pesci come la spigola, carpa, le triglie, oppure i calamari, i gamberi, il salmone, aggiungendo un tortino di pesce, uova di quaglia, pollo o completamente vegetariana con il tofu. Io ho voluto usare il filetto di merluzzo che penso si presti facilmente a questo tipo di ricette.
Ingredienti tipici vietnamiti da inserire sono:
Il Tamarindo  (l'ingrediente che gli da il sapore agrodolce) viene venduto già pronto in bottiglia, in polvere o meglio in panetti (quello che uso io) ha la polpa morbida e acre e i semi scuri e duri. La polpa è ricca di vitamine, ha un gusto acidulo e viene usata come agente acidificante in tutto il mondo. Se usate la polpa mettete a bagno la quantità della ricetta in un bicchiere di acqua tiepida, lavoratela con le mani fino a quando non si scioglie, poi filtrate il liquido con un setaccio sottile, scartate la polpa ed i semi. Usate il liquido filtrato. Si usa per preparare diverse pietanze nell' India del Sud e in altri paesi asiatici.
Okra: varietà di banana verde dalla forma curva e pieghettata, lunga dai 7 ai 20 cm. Diffusa nel sudest asiatico (dov'è chiamata anche Gombo) e India; io non sono riuscita a trovarla.
Salsa di pesce, Nuoc Nam : è uno dei condimenti più usati nella cucina Vietnamita come il sale in altre cucine o il nostro olio di oliva. Si ottiene da gamberetti o piccoli pesci salati fermentati al sole e ha un gusto molto forte, per prepararla ci vogliono 6 mesi; la migliore dicono si produca nell'Isola di Phu Quoc vicino al confine Cambogiano. Si può sostituire con pasta di acciughe mescolata a salsa di soia. Si trova anche già pronta come quella che ho usato io.
Rau Ram: o menta vietnamita che può essere sostituito con la menta comune.
Nel negozio dove mi servo abitualmente a Bologna si trova tutto e di più, inoltre la proprietaria cinese è sposata con un vietnamita e mi ha consigliato di utilizzato anziché il coriandolo come erba aromatica segnalato nella ricetta altre erbe che sono: Culantro (Eryngo) simile al coriandolo ma con un aroma più agrumato, e Ambula Aromatica (Ngo Om). La mia teoria di parlare e confrontarsi nei negozi specializzati aiuta sempre a migliorarsi.
Servire con riso thai o vermicelli di riso.


Ricetta per 4 persone

  • 1 l di acqua
  • 500 g filetti di merluzzo
  • 75 g ananas fresco
  • 1 peperoncino rosso
  • 2 okra (gombo)
  • 75 g gambi di taro o di costole di sedano
  • 125 ml succo di tamarindo (come spiegazione nell'introduzione)
  • 10 g germogli di soia (io abbondo perché mi piacciono)
  • 1 pomodoro maturo
  • 3 cucchiai di salsa di pesce
  • 1 cucchiaino di zucchero
  • 1 cucchiaio di scalogni soffritti (opzionale, io non li ho utilizzati)
  • 2 cucchiai di foglie di menta tritate
  • foglie di coriandolo, per guarnire
Salsa di pesce: (Nuoc mam cham)

  • 60 ml di acqua o succo di cocco
  • 1 cucchiaino di aceto di vino
  • 3 cucchiaini di zucchero
  • 1 peperoncino rosso
  • 2 spicchi d' aglio
  • 1 cucchiaio di succo di lime
  • 2 cucchiai di salsa di pesce




In un tegame, portate l' acqua a ebollizione e cuocetevi il pesce per 3-5 minuti.
Togliete dal fuoco, trasferite il pesce su un piatto da portata e filtrate il brodo.
Versate nuovamente il brodo filtrato nella pentola e riportate a ebollizione a fuoco alto.
Unite l' ananas affettato, il peperoncino affettato e privato dei semi, l' okra e i gambi di taro (o le coste di sedano), anch' essi affettati, e mescolate il tutto.
Portate a fuoco medio e proseguite la cottura per 3-4 minuti.
Aggiungete ora il succo di tamarindo, i germogli di soia, il pomodoro a spicchi e riportate a ebollizione, eliminando la schiuma via via che si forma in superficie.
Condite la zuppa con la salsa di pesce e lo zucchero, poi togliete dal fuoco.
Versate il brodo bollente sul pesce e completate con gli scalogni fritti, la menta, il coriandolo o le erbe aromatiche fresche che trovate al market.
Servite molto caldo in ciotole capienti mettendo nel fondo di ognuna una manciata di germogli di soia freschi.
Se usate l' ananas sciroppato, sgocciolatelo e diminuite la quantità di zucchero della ricetta.
Salsa di pesce: (Nuoc mam cham)
In una padella, portate a ebollizione l' acqua (o il succo di cocco), l' aceto e lo zucchero.
Quando questo sarà sciolto, spegnete e lasciate riposare.
Unite il peperoncino tritato e privato dei semi, il succo di lime appena spremuto e l' aglio schiacciato ed emulsionate con la salsa di pesce.
Se vi piace, aggiungete 1 carota grattugiata.
Note:
La mie esperienze con la cucina Vietnamita sono state un paio di volte a Milano da Vietnam mon Amour, a Londra e Parigi nella catena Pho (prende il nome dalla famosa Zuppa Pho) e a Chicago più volte da Le Colonial ristorante in stile colonia francese del 1920 frequentato soprattutto da famiglie e coppie vietnamite.
Fonti:
Il meglio delle Cucine dell'Asia, Trieu Thi Choi, marsel Isaak Edizioni Red
Ricette del Vietnam, Trieu Thi Choi, marsel Isaak, Edizioni Red
Helen's Food youtube canal for Vietnamise : Canh Chua Ca
L'Enciclopedia della Cucina Iternazionale N.21 Giappone, Cina, Corea, Cambogia e Vietnam, La Biblioteca di Repubblica

MTC N. 55 - TEMA DEL MESE: FISH SOUP BEE HOON

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di Roberta Cornali Vado a vivere in campagna

“Gli abitanti di Singapore sembrano essere ossessionati dal cibo. Se ritengono che un piatto valga la pena, possono stare in fila per ore o attraversare l’isola da un capo all’altro. Possono mangiare in qualunque momento del giorno e della notte. Si sa di chi torna, dopo essere emigrato, solo perché la nostalgia per il cibo di casa era troppo forte. Il più delle volte si tratta del cibo semplicissimo e umile cucinato e venduto nei chioschi lungo le strade o nei food center sparsi su tutta l’isola.”
Così Catherine Ling inizia un suo articolo sul sito della CNN dedicato ai viaggi, dove elenca i 40 piatti tipici di Singapore dei quali non si può fare a meno. Fra di essi anche la Fish head o Fish soup bee hoon.
I bee hoon altro non sono che i famosi rice vermicelli, ossia gli spaghettini di riso che compaiono in numerosissimi piatti della cucina tradizionale dell’Estremo Oriente e che, in questa zuppa, accompagnano pesce e verdure cotti in un brodo profumato dallo zenzero e dal vino di riso cinese.
Piatto conosciuto già negli anni ’20 del secolo scorso, raggiunge una grande popolarità intorno al 1970 grazie ad una ricetta del ristorante Swee Kee Fish Head Noodle House, per la quale si utilizzava la testa di un pesce osseo di acqua dolce appartenente alla famiglia dei Channidi e il cui nome inglese è snakehead, cioè testa di serpente. Per quanto questa versione della zuppa sia apprezzata ancora oggi, e i suoi estimatori divorino di gusto le labbra, le guance e gli occhi della grossa testa di pesce, nel corso degli anni si sono affermate diverse varianti che sicuramente incontrano le preferenze di un pubblico più ampio.
A dire la verità ormai sotto il nome si Fish soup bee hoon si possono trovare elenchi di ingredienti e tecniche di cottura anche molto differenti tra loro: il brodo può essere di pesce, ma anche di pollo e in qualche caso viene consigliato l’uso del dado, sia di pesce che di carne; sempre il brodo, può essere addensato con l’aggiunta di latte evaporato o qualche sorta di amido; il pesce può essere di qualunque tipo, di mare come di acqua dolce e sovente viene fritto prima di essere aggiunto alla zuppa; molluschi e crostacei sono largamente ammessi così come le polpette di pesce; le verdure variano dal choy sum al napa cabbage, con partecipazioni speciali di pomodori, sedano e spinaci.




Per la mia personale versione, ho scelto un brodo di  ikan bilis, vale a dire le acciughe salate ed essiccate che sono anch’esse tra gli ingredienti tipici della cucina del Sud Est Asiatico. Questo particolare brodo costituisce una delle basi più diffuse ed è utilizzato in numerose ricette, tanto che si consiglia ai ragazzi che lasciano la famiglia e vanno a vivere per conto loro, di imparare a farlo quanto prima in modo di averlo sempre pronto all’occorrenza. Soprattutto perché è di una facilità imbarazzante e alla portata anche del meno esperto dei cuochi dilettanti. E’ meglio farne una quantità abbondante e conservarlo nel congelatore, suddiviso in piccole porzioni e così ho fatto anch’io. Datemi retta: se doveste trovare le ikan bilis e decidere di fare questo brodo, chiudete tutte le porte delle stanze di casa vostra e chiudetevi in cucina con le finestre aperte per tutto il tempo della preparazione. Altrimenti vi resteranno solo due possibilità: traslocare o appiccare fuoco alla casa. A dispetto dall’odore sprigionato in cottura, questo brodo ha un sapore delicato reso interessante e speziato dallo zenzero fresco. In commercio esistono diversi tipi di ikan bilis, suddivise sia per pezzatura dei pesci che per trattamenti subiti. Io ho scelto quelle di taglia media, eviscerate e senza testa. Se doveste trovarle intere, potete lasciare la testa, ma si consiglia di eliminare il fegato che potrebbe rendere amaro il brodo.
Consiglio di non tralasciare il vino di riso glutinoso cinese o Shaoxing wine. Ha un colore ambrato, al contrario del comune vino di riso, che è trasparente, ed un gusto speziato simile a quello del marsala secco o del dry sherry, che non lo rende adatto a tutte le ricette. Viene prodotto nella città-prefettura di Shaoxing nella Cina orientale e deve il suo particolare colore ad un lievito di riso fermentato grazie ad una muffa di colore rosso scuro, la Monascus purpureus. Ne esistono differenti tipi, che hanno anche nomi diversi. Uno di questi è il “nu’er hong”: ogni famiglia di Shaoxing produce questo particolare vino quando la loro figlia ha un mese di vita e poi lo seppellisce fino al giorno delle sue nozze, occasione nella quale il vino viene dissotterrato e bevuto come buon augurio. Nu’er significa figlia e hong significa rosso. Dato che il rosso è un colore propiziatorio nella cultura cinese, si ritiene che bere questo vino per festeggiare le nozze porti fortuna alla giovane coppia.

Ingredienti per due:
Per il brodo


  • 100 g di ikan bilis
  • 3 fettine di zenzero
  • 2 spicchi di aglio
  • 2,5 l di acqua
Per la zuppa


  • 8 gamberetti
  • 6 gamberi Black Tiger interi
  • 300 g di filetti di pesce a scelta
  • 1 pezzetto di zenzero di circa 3 cm
  • 2 cucchiai di salsa di pesce
  • 3 cucchiai di Shaoxing wine
  • 1 cucchiaio di salsa di soya
  • 1 cucchiaino di zucchero di canna
  • Pepe bianco
  • 100 g di vermicelli di riso
  • 8 foglie di cavolo cinese
  • 3 cipollotti freschi
  • 1 cucchiaio di olio di sesamo
  • 1 cucchiaio di olio di mais



Preparate il brodo di ikan bilis come prima cosa: mettete le acciughe a bagno in abbondante acqua fredda. Dopo circa mezz’ora scolatele e sciacquatele sotto l’acqua corrente. Ripetete l’operazione ancora una volta. Scolatele, strizzatele bene e tenetele da parte. Portate a bollore 2,5 l di acqua con due spicchi di aglio e tre fettine di zenzero fresco. Aggiungete le ikan bilis e lasciate cuocere per 30’. Rinnovo il consiglio: chiudetevi in cucina con la finestra aperta. Sgusciate e pulite i gamberi e i gamberetti tranne due Black Tiger che terrete interi. Tagliate tutto il pesce in pezzi non troppo piccoli. Preparate una marinata mescolando in una ciotola la fish sauce, 2 cucchiai di vino di riso, la salsa di soya, lo zenzero tagliato a bastoncini, lo zucchero e il pepe nero. Immergeteci il pesce e lasciatelo marinare per 30’.



Mettete i vermicelli a bagno in acqua fredda e lasciateceli per 30’.
Lavate ed asciugate le foglie di cavolo, tagliate la costa a strisce di circa 2 cm e  dividete in due nel senso della lunghezza il resto della foglia. Eliminate la parte verde e la foglia più esterna dei cipollotti e divideteli a metà per il senso della lunghezza.

In una pentola, portate a bollore dell’acqua e sbollentateci le foglie di cavolo per un paio di minuti. Scolatele con un mestolo forato e tenetele da parte. Scolate i vermicelli dall’acqua del bagno e trasferiteli nella pentola dove avete sbollentato il cavolo. Lasciateli cuocere per pochi minuti, fino a quando saranno completamente bianchi. Scolateli e divideteli tra i piatti.
Nel frattempo preparate anche la zuppa: in una casseruola sufficientemente capiente fate scaldare l’olio di sesamo e quello di mais. Unite lo zenzero e fatelo ammorbidire facendo attenzione che non bruci. Unite anche i cipollotti, abbassate la fiamma e lasciateli stufare brevemente. Scolate i pesci dalla marinata, mettete nella pentola i Black Tiger interi e fateli rosolare su entrambi i lati per un minuto scarso, fino a quando cominceranno a diventare rosa. Unite anche gli altri gamberi e dopo un paio di minuti i gamberetti. Sfumate con un cucchiaio di vino di riso e bagnate con 6 mestoli di brodo di acciughe. Lasciate prendere bollore e fate cuocere per un paio di minuti. Aggiungete anche le foglie di cavolo e il resto dei pesci e finite di cuocere la zuppa per altri 5’.

Suddividete il pesce e le verdure tra i due piatti insieme ai vermicelli e bagnate con il brodo. Servite immediatamente.

MTC n. 56: GLI INDIZI

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PRIMO INDIZIO



E ci vediamo intorno all'una, per i successivi.
Nel frattempo, accendete i neuroni- e date il meglio di voi :)

SECONDO INDIZIO

Il terzo andrà in onda intorno alle 19:00, e allora sì che tutto si chiarirà! :-)

TERZO INDIZIO

 

MTC N. 56: IL FILO DIRETTO

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Dubbi, perplessita', chiarimenti, domande sulla sfida n. 56...
Tutti qui sotto!
Vi risponderemo il prima possibile!

MTC N. 56: LA RICETTA DI APRILE E'..

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I Biscotti di Dani & Juri di Acqua e Menta


Cos'e' questo grido di giubilo che sento levarsi dall'Alpi alle Piramidi e pure un po' piu' in la'? Pure con gli acuti della solista, visto che dopo tanto volontariato alla Salute Mentale Arianna ha indovinato la ricetta, azzeccando un indizio su tre? Cos'e' questa gioia irrefrenabile che sta pervadendo il web, a botte di "si'-si'-si'" sibilati fra i denti sotto gli occhi del capufficio o urlati a gran voce, perche' tanto ormai il vicinato lo sa che alle nove del mattino del 5 di ogni mese in casa della foodblogger succedono cose strane? 
Sara' mica perche' sono usciti i biscotti, come ricetta della sfida di Aprile?

La risposta e' nel titolo, ma da questa riga in poi conteniamo gli entusiasmi: perche' il tema, oltre che essere bellissimo, e' praticamente infinito e, ai fini della gara, abbiamo necessita' di circoscriverlo ad alcune tecniche che rientreranno poi nella valutazione finale. 
Quindi: prendetevi una tisana al bromuro, fate un respiro profondo, scegliete una delle frasi di Osho su cui meditare (da "ma non era #bastabiscotti" a "i biscotti si fanno a Natale") e leggete bene il 

REGOLAMENTO DELLA SFIDA DI APRILE 2016

  1. Dani&Juri hanno scritto l'ennesimo post da incorniciare, con una monografia completa sull-argomento, a cui seguiranno approfondimenti nei prossimi giorni. Prima di lanciare il neurone a briglia sciolta lungo i sentieri della creativita', studiatela come se non ci fosse un domani.
  2. Come potrete leggere nel post della ricetta, in questa gara contempliamo solo tre tipi di biscotti:
  • quelli preparati con la frolla classica 
  • quelli preparati con la frolla montata
  • quelli preparati con la pasta sable' (chiedo scusa per tutti gli accenti, in primis quelli italiani, ma ho una tastiera inglese e non ho il tempo di capire come fare a recuperare le vocali "giuste")
  1. Per ciascuno di questi metodi, nel post di Dani&Juri troverete le ricette e i procedimenti di base: per quanto attiene alla prime, sono ammesse modifiche anche alle dosi degli ingredienti di base, fermo restando che sempre di impasti per biscotti si dovra' trattare (e non di basi per crostate, per esempio. Invece, nessuna deroga ai procedimenti di base: il metodo classico e' diverso dal metodo montato ed entrambi sono diversi dal metodo sable. Quindi, dovete seguirli in modo pedissequo
  2. Sono ammessi inserimenti di vario genere (dal cacao ad altre farine ad altri grassi), con ovvie modifiche alle dosi degli ingredienti di base. 
  3. Sono ammessi tutti gli aromi naturali, le spezie, le erbe aromatiche, le acque profumate e quanto puo' servire a rendere unico il vostro biscotto, a patto che non siano artificiali. Si' alla vaniglia, no alla vanillina, per intenderci.
  4. Sono ammessi biscotti farciti e glassati, purche non contengano coloranti artificiali.
  5. Si puo' partecipare con un massimo di tre ricette, cosi' selezionate:
  • la prima ricetta e' con uno dei tre metodi a vostra scelta. O frolla classica o frolla montata o sable': avete assoluta liberta' di scelta
  • la seconda ricetta e' con uno degli altri due metodi rimasti e obbligatoriamente con l'olio al posto del burro e senza latticini (Dani e' intollerante ai latticini e Acqua e Menta ha sviluppato negli anni una forte attenzione all'argomento, unita ad una competenza sicura e autorevole)
  • la terza ricetta e' con l'ultimo dei metodi rimasti. 
Esempio for dummies
Primo biscotto: scelgo di farlo con la frolla montata. Per gli altri due mi restano le opzioni "frolla classica" o "sable'".
Secondo biscotto: devo usare obbligatoriamente l'olio e uno dei due metodi rimasti: scelgo la frolla classica all'olio
Terzo biscotto: giocoforza la sable'.
Va da se' che dobbiate farvi due conti sulla diversa resa dell'olio nei differenti metodi: in attesa dei post tecnici della Redazione, leggetevi un po' le prime pagine di Torta a Torta/Torte Salate e gia' li' potete trovare molti suggerimenti in merito. 


REGOLAMENTO PARTICOLARE
  1. Sono ammesse solo le ricette pervenute dalle 00.01 del 10 aprile alle 00.00 del 25 aprile (e qualcosa mi dice che per gli Acqua&Menta la liberazione avra' un nuovo significato)
  2. Dovete lasciare il link alla pagina del vostro blog qui sotto, nello spazio dei commenti
  3. Chi non ha un blog puo' inviare la ricetta a mtchallenge@gmail.com, entro le 00.00 del 25 aprile: provvederemo noi a pubblicarla qui sopra
  4. E' attivo il filo diretto per tutte le vostre domande, a questo link
  5. Il banner della sfida e' questo


GLI INDIZI
LODI-LODI-LODI al neurone della Mazzetta, che non solo ha centrato il bersaglio ma ha difeso il risultato dalle ragionevoli argomentazioni della community che proponeva invece soluzioni molto piu' plausibili come polpette avvolte in foglia d'oro,per dire. Per amor di verita', l-unico indizio che ha azzeccato e' stato il secondo (Natalino Otto, il riferimento era al Natale), mentre gli altri due andavano interpretati cosi': il primo allenatore di Messi ha raccontato che quando il campione era ancora un bambino, prendeva un biscotto ad ogni gol segnato. Siccome era basso di statura, un giorno il mister gli promise due biscotti, per un gol di testa. Il bambino ascolto' in silenzio, poi parti' sulla fascia. Dribllo' i soliti 6/7 avversari, piazzo' il pallone al centro dell'area, lo alzo' con un palleggio magistrale, svetto' all'altezza giusta e segno' un gol di testa, con una precisione millimetrica. Dopodiche', incurante dell'esultanza dei compagni, raccolse il pallone, ando' verso la panchina e, arrivato di fronte all'allenatore, disse solo "due". E poi riprese a giocare. 
Secondo la leggenda, il primo biscotto venne sfornato sulla nave degli Argonauti, per colpa di un cuoco distratto che fece cuocere due volte lo stesso pane. Non vorrei sbagliarmi, ma ora che scrivo, i meandri del mio cervello si illuminano di luce fioca e mi suggeriscono che forse e' un indizio ripetuto, questo qui.. sarebbe un cedimento atroce :)/ e nel caso, peggio per voi che non ne avete approfittato. 


MTC N. 56 - L'INFOGRAFICA... E NON SOLO!

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Infografica di Dani Pensacuoca, psicobiscottest a cura della premiata ditta R&B (Robert-Bertuzzi)

Dimmi che biscotto vuoi e ti dirò chi sei!

  1. Lebkuchen - L'imbizzarrito: tutte le volte che parli del tuo biscotto del cuore gli altri intorno a te capiscono Frau Blucher e i cavalli imbizzarriscono.
  2. Ricciarelli - Il cantante provetto... finché rimani sotto la doccia! Fuori da lì nemmeno lo stridere dei gessetti sulla lavagna ti batte
  3. Spitzbuben - Il "crucco" incompreso: sono 20 anni che vai in vacanza in Alto Adige e ti ostini a chiedere per merenda gli occhi di bue. Non ti chiamano Spitzbuben come insulto, è il nome del tuo biscotto preferito!
  4. Scacchiera - Il metodico: sai muovere tutte le pedine a tuo piacimento.. finché la Regina non si incazza
  5. Biscotti del Lagaccio - Il finto genovese... che non ha ancora capito che nel cappuccino è meglio la fugassa.
  6. Baci di dama - Il Ferradini sbagliato: non hai ancora capito che la procedura corretta è "prendi una donna e trattala male", altro che baci e baci!
  7. Lingue di gatto - La gattara/il ruvido: donna, sei destinata a diventare così
    Uomo, sei ruvido coma la lingua dei gatti. 
  8. Ringo - Il "mozzarella": non ti abbronzi nemmeno cosparso di olio Johnson al sole di Ferragosto. Vieni rincorso dagli amici che ti gridano "dai, facciamo come nella pubblicità"
  9. Canestrelli - Botero: ami le forme..  burrose!
  10. Amaretti di Saronno - L'alcolista anonimo: lo chiedi solo "on the rocks" ... ma è sempre un dannato biscotto
  11. Biscotti di Novara - L'ostinato: ti ostini ancora a fare il tiramisù sbagliato!
  12. Reginelle al sesamo - Il "Padrino": a fine pasto, il tuo biscotto è l'offerta che non si può rifiutare!
  13. Gocciole - Il commerciale: sei alla portata di tutti, i fighetti ti disprezzano.. ma poi ti comprano
  14. Cantucci - Il duro: non ti pieghi e non ti spezzi!
  15. Esse di Raveo - Il concorrente: è una vita che guardi le repliche de "La ruota della fortuna" e non hai ancora capito che non esiste la "esse" di Raveo.
  16. Pan di stelle - L'astronomo mancato: vedi le stelle, ma non hai ancora capito se è stato lo spigolo della credenza.
  17. Offelle di Parona - L'Amleto dell'Idroscalo: no, non stiamo parlando di Ofelia, quante volte te lo dobbiamo ripetere?
  18. Biscottone inzupposo - L'allusivo: consideri l'inzuppo del biscotto un'arte, ma le ragazze ti prendono per maniaco.
  19. Zaletti - Il Veneto "polentone": sei un tipo vintage, rimasto ai bei tempi andati, quando la polenta si mangiava anche a colazione.
  20. Taralli glassati - L'esteta: per te è meglio apparire che essere. D'altronde, glassate son belle anche le suole delle scarpe!
  21. Zuccherini - Il sognatore: programmi il tuo matrimonio da quando avevi 6 anni.. peccato che ne hai 54 e vivi ancora con mammà. Consiglio: cambia deodorante.
  22. Bucaneve - Il naïf incompreso: quando dici che ti piacciono i bucaneve tu pensi ai fiori. Gli altri ai biscotti.
  23. Atene - L'archeologo deluso: da bambino volevi fare l'archeologo per "scavare i dinosauri". Poi hai capito che non era proprio così, e dopo l'antico vaso dell'Amaro Averna hai rinunciato. 
  24. Paste di meliga - Il capraio arricchito: usi la polenta.. ma con stile!
  25. Krumiri di Casale Monferrato - Lo stakanovista: lo sciopero non ti tocca, il sindacalista non ti si fila.. non prendi un giorno di ferie dal '63.

MTC N. 56 - TIPS & TRICKS: GLI INGREDIENTI DEL BISCOTTO PERFETTO

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Foto da qui

di Dani Pensacuoca - Acqua e Menta


Cambiando l'ordine degli addendi, il risultato non cambia. Questo è l'approccio alla cucina della maggior parte delle persone. In realtà la chimica - compresa la chimica degli alimenti - non è esattamente della stessa opinione. Per fare un esempio, se mescoliamo la farina insieme al burro o insieme alle uova, il risultato sarà completamente diverso. Semplificando, nel primo caso la farina verrà ricoperta dal grasso del burro e risulterà come impermeabile, nel secondo caso ciuccerà l'acqua delle uova e svilupperà il glutine, che renderà duri i nostri biscotti.
In questo post ripercorriamo tutti gli ingredienti dei biscotti cercando di capire qual è il loro ruolo e, di conseguenza, come utilizzarli al meglio, come apportare variazioni senza modificare la struttura del biscotto e come sostituirli in caso di allergie e intolleranze.
FARINA


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che ruolo ha:


  • è l'elemento principale per una pasta friabile; perché ciò avvenga deve esserci una ridotta formazione di glutine nell'impasto;
  • con la reazione di Maillard in cottura, contribuisce alla colorazione e al sapore;
quale farina:


  • debole di glutine, così da evitare la formazione di una rete glutinica elastica e di forza, e con scarso indice proteico (10-11%). Per i biscotti Massari consiglia una farina con W pari a 130-170. 
  • Perché non utilizzare direttamente solo amidi che non formano il glutine? Risponde Massari: "La farina bianca conferisce al prodotto una struttura più vicina al gusto della nostra tradizione e il dolce rimane più malleabile, leggero e dalla masticazione più godibile. L'amido è astringente nella degustazione e [...] le paste con amidi hanno la tendenza di asciugarsi in fretta".
variazioni/sostituzioni:


  • possiamoanche ridurre la forza della farina con aggiunta di amido di mais o di riso o fecola di patate, per una pasta più fragile, leggermente sabbiosa e meno resistente. Di fecola se ne può aggiungere fino a un massimo del 50%. Si tenga tuttavia presente che le paste avranno una struttura più corta e i dolci risulteranno più friabili, ma non sempre gradevoli;
  • Santin e di Carlo preparano la frolla senza glutine con farina di riso e farina di mais gialla (ma su questo ci torneremo nei prossimi giorni).
note


  • si consiglia di setacciare la farina prima di utilizzarla, per evitare la formazione di grumi;
  • in certi impasti per biscotti, la farina va isolata per limitare che assorba umidità durante le fasi di produzione. La tecnica utilizzata è quella di mescolare a secco la sostanza grassa con la farina, in modo da rivestire tutte le particelle di farina con una pellicola di grasso (si effettua cioè la cosiddetta sabbiatura}. Con questo metodo la farina può sviluppare la sua forza di aggregazione soltanto durante il processo di cottura e si ottengono dolci friabili con struttura corta.
BURRO

Foto da qui

che ruolo ha:


  • la friabilità è data dal quantitativo di burro, se si riduce il burro andrà a discapito della friabilità;
  • è un ottimo fissatore di aromi;
  • la presenza di lattosio dona colorazione alla pasta durante la cottura;
proporzioni:


  • i biscotti secchi da inzuppo contengono al massimo il 25% di grasso calcolato sul peso della farina. I frollini hanno percentuali più alte di grasso (pari peso rispetto allo zucchero, 50% rispetto alla farina);
variazioni/sostituzioni


  • per ottenere un gusto e/o una consistenza diversi, una parte del burro può essere sostituita con altre materie grasse: olio d'oliva, paste grasse di frutta secca, burro salato o altro;
  • in caso di intolleranze e allergie, possiamo sostituire completamente il burro con olio d'oliva, burro di cacao, olio di riso o altri oli (dopo averne valutato il punto di fumo). Cambieranno naturalmente la consistenza, la lavorazione e il gusto;
  • se in sostituzione del burro (grasso all'85%) si utilizzare un grasso anidro come l'olio (grasso al 100%), si deve aggiungere il liquido mancante (pari al contenuto d'acqua del burro). Al posto di 100 g di burro, mettiamo 85 g di olio e aggiungiamo 20 g di latte. La capacità di emulsione del latte apporta un legame migliore dell'acqua;
ZUCCHERO

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che ruolo ha:


  • dà struttura: se proviamo a cuocere una pasta frolla senza zucchero,risulta fragilissima e senza struttura. Quanto maggiore è il contenuto zuccherino, tanto più i dolci risulteranno croccanti e resistenti;
  • rende dolci i biscotti;
  • è un grande rilevatore del gusto, grazie alla sua capacita osmotica;
  • è un ottimo agente di colorazione durante la cottura, per la reazione di caramellizzazione. Perché ciò avvenga, le temperature di cottura devono essere adeguate (da 130-140°C in su). La giusta colorazione è una delle caratteristiche qualitative dei prodotti di pasticceria e si modifica a seconda delle percentuali di zucchero contenute nelle ricette.
  • in quantità adeguate (o in eccesso) è un conservante;
  • le quantità di zucchero concorrono a produrre dolci di varie qualità: croccanti, sabbiosi, morbidi, duri, umidi, friabili.
Per ogni frolla occorre scegliere lo zucchero adeguato;


  • lo zucchero più utilizzato èil saccarosio, di bietola o canna, raffinato oppure velo.
  • in generale, quanto più omogeneamente saranno mescolati lo zucchero e il liquido, tanto meglio potrà esservi incorporata la farina, senza che questa comporti la formazione del glutine, essendo limitato l'assorbimento dei liquidi da parte della farina;
  • negli impasti ricchi di grasso o pesanti, lo zucchero semolato non si scioglie completamente e cristallizza già nella fase di cottura: per questo motivo si consiglia l'utilizzo di zucchero a cristalli piccoli, possibilmente velo;
  • nell'impasto le sostanze zuccherine devono essere parzialmente sciolte. In ricette di paste frolle che prevedono scarse quantità di liquidi è quindi necessario utilizzare zucchero velo. In questo caso l'uso di zucchero semolato provocherebbe un'alveolatura ampia e una minore friabilità nel prodotto finale.
  • semolato raffinato: dà una pasta con cristalli dizucchero ancora interi. Se molto grosso, durante la stesura può comportare lo strappo della pasta. Data la sua granulometria, non riesce a sciogliersi completamente durante la lavorazione e rimane parzialmente in sospensione nell'impasto. In cottura il cristallo più grosso attira a sé la poca acqua presente nell'impasto favorendo qua e là un'alveolatura irregolare e grossa.
  • a velo: distribuzione più uniforme dello zucchero nell'impasto (ogni cristallo di semolato viene ridotto di 300-500 volte) che di conseguenza diventa meno elastico e più omogeneo. La pasta non ha bisogno di riposo e non ha problemi di spacco, perché il velo, a contatto con l'umidità dei grassi e delle uova, si scioglie rapidamente. Negli impasti che non prevedono aggiunte di liquido o lo prevedono solo in quantità minime (pasta sableé) è consigliabile utilizzare lo zucchero velo.
  • di canna grezzo: otteniamo una pasta dal sapore gradevole di melassa e colore più scuro. Si può sostituire dal 50% al 100% del peso totale dello zucchero. Aiuta a mantenere la morbidezza. La caramellizzazione si forma a temperature più basse rispetto a quanto avviene con quello raffinato (22 °C in meno). Occorre prestare particolare attenzione alla temperatura di cottura per ottenere un sapore dolce e non amaro.
sostituzioni/variazioni:


  • se eliminiamo quasi del tutto lo zucchero dalla ricetta, otteniamo una pasta per prodotti salati (non oggetto di questa sfida);
  • lo zucchero semolato richiede maggior presenza di liquidi di quello a velo;
  • glucosio, fruttosio, miele e zucchero invertito sono poco adatti alle paste frolle: durante la cottura questi zuccheri non cristallizzano e gravano sulla struttura finale del dolce allargandola, colorando eccessivamente la superficie e modificando in negativo il risultato, perché il loro punto di caramellizzazione è più basso di quello del saccarosio. Al massimo possono essere usati in piccole quantità, dal 10 al 20% di quanto previsto dalla ricetta.

SALE

Immagine da qui
che ruolo ha:


  • dona sapore e fa aumentare,con dosaggi bilanciati, la percezione del gusto;
  • in cottura agisce sulle superfici dei dolci da forno accentuandone la colorazione.
proporzioni:


  • nella pasta frolla si calcolano 5 g di sale per ogni kg di farina bianca. Solo in casi particolari, come certe paste sableé francesi tipo Breton, si usano 20 g di sale per ogni kg di farina bianca. In queste paste tipiche locali anche il baking e usato in quantità di 20-30 g per kg di farina bianca (Massari);
  • da 0,20 a 0,35% (di Carlo);
Quando lo metto il sale? Fabrizio Donatone ci ha spiegato che il sale va messo nella pastafrolla in momenti diversi a seconda del risultato che vogliamo ottenere:
  • se lo mettiamo all’inizio, si mescola al burro, il grasso lo isola e il sale rimane integro; nei biscotti all’inglese il sale si mette all’inizio, prima dello zucchero, perché si vuole il “colpo di sale” in bocca;
  • se lo mettiamo dopo i tuorli, otteniamo una percezione del sale più dolce perché parzialmente si scioglie (il tuorlo ha una percentuale di acqua);
  • se vogliamo addolcire al massimo la sensazione del sale, lo mettiamo alla fine e lo aggiungiamo dopo averlo tritato fine con un cutter e mescolato a un goccio di acqua calda.
UOVA

Foto da qui

che ruolo hanno:


  • favoriscono l'emulsione dizucchero e materia grassa;
  • idratano la farina, altrimenti l'impasto non risulterebbe liscio e sodo;
  • aiutano a sciogliere lo zucchero;
  • durante la cottura, leproteine dell'uovo coagulano legando l'impasto e formando cosi una struttura uniforme;
che uova usare:


  • si possono impiegare sia uova intere che solamente tuorlo o albume. Con solo tuorli otteniamo un prodotto più ricco, dal colore più intenso e più morbido, che meglio si presta al taglio.
proporzione:


  • l'uovo è in un rapporto di 1:10 sul peso totale degli ingredienti;
variazioni/sostituzioni:


  • acqua, latte, puree di frutta e panna liquida possono anche sostituire parzialmente o totalmente le uova della ricetta. 100 g di uova intere equivalgono a:
o    125 g di panna fresca
o    87 g di albume
o    90 g di latte
o    165 g di tuorlo
o    75 g di acqua
ALTRI LIQUIDI
Oltre ai liquidi già presenti nelle materie prime fondamentali, si possono aggiungere altri liquidi, per esempio acqua o latte. Gli ingredienti liquidi hanno sempre un'azione idratante e legante. La quantità degli elementi liquidi determina il grado di fragilità della pasta e la lavorabilità.
Aggiunte di acqua o di latte provocano paste più elastiche per via della formazione parziale del glutine. Queste paste saranno più facili da stendere ma produrranno dolci dalla struttura meno friabile e, nel caso in cui la ricetta preveda molto zucchero, porteranno a una struttura molto croccante.
Se il liquido aggiunto è troppo, otterremo una pasta troppo morbida, dalla lavorazione difficoltosa.
LIEVITI IN POLVERE CHIMICI
Sono prodotti da varie sostanze che rilasciano anidride carbonica per reazione chimica al contatto con l’umidità e per azione del calore. In commercio ce ne sono svariati tipi.
che ruolo hanno:


  • contribuiscono ad accrescere la lievitazione e, in determinate condizioni, a provocare lo sviluppo di quei gas che aumentano la porosità della pasta. Si ottiene così una pasta più soffice ed areata;
quando usarli:


  • sono indicati in paste molto magre di materia grassa, ma evitate il contatto diretto con queste ultime, altrimenti c'è il rischio di saponificazione. I biscotti ricchi di materia grassa rischiano di risultare poco sviluppati, compatti, pesanti e dall'aspetto poco appetibile;
  • un eccessivo sviluppo dell'impasto rende i biscotti poco gustosi e, quando li si mastica, si ha la sensazione di mangiare la crusca (Massari).
quale lievito:


  • per una trattazione su bicarbonato, lievito chimico o baking soda rimandiamo a un articolo sul blog di Bressanini. Solo una piccola precisazione: 
  • baking soda: si usa se nella ricetta si fa uso di un ingrediente acido come la melassa o il cacao, che reagisce con la soda; 
  • baking powder (baking soda + cremor tartaro + amido di mais): si può usare anche se nella ricetta non si fa uso di un ingrediente acido (il cremor tartaro è acido e reagisce con la soda).
  • il carbonato acido di ammonio, o bicarbonato d’ammonio (E 503 ii), è consigliato per i prodotti a bassa umidità finale. Si decompone a temperature comprese tra 35 e 60°C e sviluppa velocemente anidride carbonica che permette la lievitazione. A differenza di altri lieviti chimici come il bicarbonato di sodio, che hanno bisogno di una sostanza alcalina e di una acida per reagire, il bicarbonato di ammonio: reagisce rapidamente in presenza di umidità e calore; favorisce una colorazione uniforme in cottura; dona una struttura porosa e croccante; sviluppa un odore molto forte, ma che sparisce pian piano mentre il prodotto asciuga; dona un sapore sgradevole ai prodotti da forno ricchi di umidità (cake, maddalene, biscotti morbidi, …); è particolarmente adatto per prodotti a bassa umidità (<3%) come biscotti croccanti e cracker. Funge anche da regolatore di acidità aumentando il pH del prodotto e indebolendo il glutine, restituendo un prodotto più croccante e alveolato.
quanto lievito:


  • si può aggiungere un minimo di 10 g di lievito in polvere chimico per kg di farina (Massari). Se si aggiunge una quantità notevole di lievito chimico, il retrogusto sarà amaro.
come usarlo:


  • va premiscelato e distribuito con una frustina alla farina altrimenti, dato che l’impasto va lavorato pochi secondi, si rischia che il baking non si distribuisca in modo omogeneo;
FRUTTA SECCA

Foto da qui

La frutta secca, in particolare nocciole e mandorle, può essere incorporata intera, tritata in granella oppure finemente macinata:


  • intera o tritata grossolanamente incide poco sulla consistenza della pasta e può essere amalgamata senza correzioni. Viene considerata un prodotto in sospensione perché assorbe pochissimi liquidi. Se supera il peso della farina, la frutta in sospensione ha grosse difficoltà a mantenere la forma corretta del dolce, poiché si separa dalla pasta.
  • la frutta secca macinata finemente assorbe una certa quantità di liquido erende la pasta leggermente asciutta. L'aggiunta di frutta secca in polvere (nocciole, pistacchi, mandorle, ecc.) non deve mai superare la quantità di zucchero presente nella ricetta. La messa a punta dell'impasto può essere eseguita in due modi: aggiungendo una quantità di uova pari al 10% di frutta secca in polvere, oppure riducendo la farina del 20% sul peso della frutta secca macinata. Nel secondo caso si influenza solo minimamente il contenuto di zucchero della ricetta globale. I prodotti con frutta secca macinata, una volta cotti, si presentano più croccanti, perché questa interrompe la formazione continua della maglia glutammica, permettendo la fuoriuscita più rapida del vapore dal prodotto durante fase di cottura. È importante l'umidità della frutta, che può cambiare la struttura finale a seconda che si usi zucchero semolato o a velo.
  • se si aggiungono paste di frutta secca grasse, va ribilanciata la quantità di burro e il punto di fusione sarà più basso. Vorrà dire che avremo una pasta più difficile da gestire, ma con una fusione al palato più veloce. Se si utilizzano le puree di nocciola, mandorla o pistacchio in quantità superiori al 15% del totale, queste aumentano notevolmente l'impermeabilità della farina, limitando il potere aggregante. Tale inconveniente può essere evitato con l'aggiunta di albume nella misura del 20% sul peso della pasta di frutta secca.
MIELE

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Massari spesso aggiunge un po’ di miele di acacia nell’impasto per ottenere una colorazione accentuata, in rapporto solitamente di 4:1 tra zucchero a velo e miele di acacia.
Il miele conferisce un aroma piacevole e allunga la conservazione dei prodotti: attira più acqua dello zucchero e non la rende disponibile ai microrganismi.
AROMI
I biscotti possono essere aromatizzati con spezie (vaniglia, cannella, ecc.), estratti naturali (es. estratto ai fiori di arancio) e scorze (di arancia, di limone, ecc.).
CACAO

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Il cacao si presenta come polvere finissima ma ha caratteristiche ben diverse dalle farine. Il cacao in polvere poco ricco di grassi assorbe tre volte più acqua della farina, mentre un cacao in polvere con percentuali del 18-20% di burro di cacao assorbe il doppio dei liquidi, motivo per cui non si può sostituire in grosse percentuali alla farina (Massari).
Se togliamo 100 g di farina, aggiungiamo 50-60 g di cacao in polvere: questo rapporto evita la modifica della ricetta, altrimenti, se sostituiamo in pari, dobbiamo intervenire sui liquidi. Per evitare di ottenere una pasta frolla meno dolce per 50 g di cacao si aggiungono da 25 a 50 g di zucchero.
Oltre ad assorbire più acqua, il cacao è astringente. Per non cambiare la consistenza della frolla, si deve sostituire con il cacao al massimo un quinto della farina tolta dalla ricetta base, altrimenti rischieremo la separazione del grasso durante la lavorazione.
CIOCCOLATO
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Il cioccolato si può incorporare fuso o a pezzi (es. gocce di cioccolato).
Le masse di cioccolato devono essere sciolte prima di essere incorporate nella pasta. Prima di incorporarle è meglio mescolarle con il burro fino a ottenere una consistenza pastosa, per evitare un raffreddamento veloce del burro di cacao in seguito alla lavorazione. Inoltre la pasta non deve essere troppo fredda al momento dell'amalgama.

Fonti: 

[CHIUSO] MTC N. 56 - IL TEMA DEL MESE!!

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C'è chi pensa che il momento clou dell'MTC sia la rivelazione della ricetta della sfida.. tsk, novellini!
I premi, allora! Naaaaa
Il vincitore, dai, è scontato!
Macché!!
L'unico momento in cui la Community (e anche qualche outsider) si sfida all'ultimo sangue è il tema del mese!

Figurarsi oggi, quando l'oggetto del contendere sono i biscotti della tradizione italiana, amatissimi da tutti.

Fatevi sotto, marrani!


  1. Crumiri di Casale Monferrato -> Tritabiscotti
  2. Biscotti del Lagaccio -> Vitto (La cucina piccolina)
  3. Baci di dama -> Eleonora (Zeta come Zenzero)
  4. Biscotti di Novara -> Susanna (Afrodita's Kitchen)
  5. Le offelle di Parona -> Antonella (CucinoIo)
  6. Zuccherini -> Cinzia (Cindystar)
  7. Reginelle siciliane -> Terry (Fornelli profumati)
  8. Cantucci -> Susy (Coscina di pollo)
  9. Canestrelli -> Rosanna (Glassa Rosa Souvenir e foto)

Presentazione alla Piazza dei Mestieri di Torino - Memorie di una tappa indimenticabile

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di Giulia - Alterkitchen


Che la tappa torinese del tour di presentazione del quarto libro dell'MTChallenge, "Torte Salate", sarebbe stata speciale, lo sapevamo fin dall'inizio, perché speciale è il rapporto che ci lega alla Piazza dei Mestieri.
La Piazza dei Mestieri, infatti, non è solo l'ente cui abbiamo deciso di devolvere parte dei proventi del libro, è un ente con cui ci sentiamo in profonda sintonia per i suoi obiettivi formativi e per l'impegno costante e continuo nei confronti dei ragazzi che frequentano la scuola della Piazza.

Quella di lunedì alla Piazza non è stata solo la presentazione di un libro, ma è stata una giornata intensa, piena di emozioni e assolutamente da ricordare negli annali dell'MTChallenge.
Nel primo pomeriggio, sei fedelissime cuoche della Community (Cecilia, Manuela, Giulia, Silvia, Vitto ed Annarita, cui ancora una volta va un grazie grande come il mondo) si sono trovate a preparare torte salate in una cucina professionale insieme ai ragazzi della Piazza, guidati dalla loro insegnante Barbara. Ore intense e divertenti, che hanno messo in luce la grande professionalità dei ragazzi della scuola: precisi, garbati, e con una grande volontà di imparare.



Il successo del lavoro in cucina è stato ampiamente spazzolato dimostrato dal trionfale buffet, sparito sotto i nostri occhi in un baleno. La soddisfazione maggiore è stata l'apprezzamento da parte del pubblico, che si interrogava su chi fossero gli ideatori delle torte in degustazione e che sfogliavano il libro in cerca della ricetta di cui si erano innamorati al primo assaggio.
In degustazione abbiamo proposto il bersaglio di primavera di Francesca, la torta samosa di Giorgia, la tarte con panna cotta alla bagna caoda e peperoni arrostiti di Manuela, la porcona di Corrado e la mia quiche con cipolle ripiene (queste ultime due leggermente modificate per favorire il servizio). Per accompagnare la degustazione sono state proposte in assaggio le birre del birrificio La Piazza, anch'esse altrettanto gradite.



Durante la presentazione Alessandra ha raccontato cosa sia l'MTChallenge, come è nato e come stia crescendo giorno dopo giorni, dei progetti editoriali, del libro appena uscito e del nostro rapporto con la Piazza dei Mestieri, suggellato dall'intervento di Giovanni Clot in sua rappresentanza e dalla consegna di un nostro omaggio alla Piazza. 


Volevamo infatti che questo felice incontro fra noi e la Piazza dei Mestieri fosse segnato da un regalo simbolico, e abbiamo pensato che non potesse esserci scelta migliore di un quadro, perfetto per raffigurare ciò che la Piazza rappresenta. Ci siamo quindi affidati al nostro pittore di fiducia, Alessandro Colonnetta che, oltre a dare colore alle nostre sfide mensili con i suoi quadri, ha anche contribuito alla riuscita dell'evento arricchendo la sala che ci ha ospitato con i suoi dipinti a tema alimentare.  
Rubo quindi le parole che lui stesso ha utilizzato per descrivere il quadro che vedete qui sotto, che riassumono perfettamente il nostro pensiero.


"Io vedo la Piazza dei Mestieri come luogo di attrazione ed aggregazione per le persone: per i ragazzi e gli adulti che ci studiano, ma anche per chi la frequenta per acquistare il loro cioccolato, per andare a mangiare al ristorante o a bere la loro birra al pub. 

Ho preso in prestito il loro logo per la composizione del quadro: il chiostro che li rappresenta diventa il punto di incontro di una folla di persone".


La gente della Piazza
olio su tela
60x80 cm

MTC N. 56 - TIPS & TRICKS: LE REGOLE DEL BISCOTTO PERFETTO

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Foto da qui

di Dani Pensacuoca - Acqua & Menta

Apparentemente facili da fare, i biscotti richiedono che si seguano regole ben precise, a partire dagli ingredienti principali – farina, burro, zucchero, uova, sale, aromi – e dalla padronanza tecnica. Oggi parleremo di come si fanno impastamento, riposo e cottura a regola d'arte.
IMPASTAMENTO

Immagine da qui

La friabilità si ottiene secondo due procedimenti:
  • sistema classico;
  • sistema inverso, anche detto sistema sableé o francese.
Nel sistema classico, la lavorazione prevede che si lavori la materia grassa (burro) con lo zucchero e gli altri ingredienti Iiquidi (uova, latte, tuorli...); la farina viene incorporata alla fine. Una volta aggiunta la farina, gli ingredienti vanno amalgamati il più rapidamente possibile. Se si dovesse lavorare troppo a lungo si otterrebbe una pasta troppo ricca di glutine, che opponeresistenza e, dopo la cottura, leggermente coriacea.
Questo metodo é utilizzato per realizzare pasta frolla poco grassa con una struttura meno friabile e leggermente vetrosa. È il metodo utilizzato anche per ottenere frollini al sacchetto, dove la materia grassa, anziché mescolata con Io zucchero, viene montata. Può essere fatto:
  • con una impastatrice o planetaria;
  • a mano;
  • col cutter: per non scaldare eccessivamente gli ingredienti, Santin consiglia di mettere le lame in freezer almeno 20 minuti prima di impastare e lavorare e poi a impulsi anziché a velocità continua.
Nel sistema inverso la materia grassa (il burro) e la farina sono lavorate assieme fino a ottenere una massa che abbia una consistenza simile alla sabbia, quindi si uniscono gli ingredienti liquidi (acqua, latte, uova...) e lo zucchero. Nel corso della lavorazione la materia grassa ricopre numerose particelle di farina che si trovano così impermeabilizzate. Il glutine, rinchiuso in quelle particelle farinose, è quindi isolato e non rischierà, dopo l'idratazione della pasta, di bagnarsi e di diventare elastico.
È il procedimento ideale per paste friabili molto ricche di grassi, con una struttura friabile e più facile da lavorare in ambienti molto caldi.
RIPOSO

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Con il raffreddamento, la pasta frolla aumenta la sua friabilità soprattutto nelle ricette che prevedono quantità minime di burro. Il raffreddamento conferisce una struttura corta alle paste e di conseguenza minore tendenza alla vetrificazione durante la cottura. Dopo il raffreddamento la lavorazione è più facile e veloce.
La pasta frolla con il lievito deve invece essere lavorata e cotta in breve tempo, per evitare un degrado prematuro del gas carbonico.
A seconda di come e quando verrà stesa la pasta, si determinerà una variazione dei liquidi, in quanto la pasta si disidrata leggermente.
COTTURA

Immagine da qui

La cottura porta la pasta da uno stato molle a uno stato solido, soffice oppure compatto. Sotto l'influenza del calore, le materie prime si modificano, ma non tutte assumono un ruolo ugualmente dinamico. Le proteine, per esempio, col calore si degradano e si irrigidiscono formando una struttura stabile.
La scelta dello spessore della pasta e le temperature del forno cambiano drasticamente il gusto del prodotto.
Per dolci di piccole dimensioni si utilizzano temperature moderate, mentre per quelli più grandi è opportuno utilizzare due cotture. La prima, a temperatura sostenuta, serve per dare consistenza, volume e colore; la seconda, a temperatura moderata, serve per tostare.
Le paste sableé esigono temperature che variano dai 150 ai 210 °C; in questo modo si ottiene una caramellizzazione omogenea ecroccante. Temperature più elevate evidenzierebbero in superficie un colore nocciola scuro, ma metterebbero in risalto anche il gusto di farina perche l'interno del dolce resterebbe poco cotto.
Per tutte le paste frolle è importante che in cottura si sviluppi una regolare lievitazione. Se questa fosse insufficiente, a cottura completata il prodotto non avrebbe la giusta struttura.

Gli agenti di cottura che partecipano a formare lo spessore della crosta sono quattro: temperatura, tempo, volume e contenuto di umidità nella camera di cottura. I dolci che devono presentare una crosta soffice e sottile, devono essere cotti a temperature alte, tempi brevi, con vapore nella camera di cottura e con spazi non eccessivamente distanti tra il prodotto e il cielo del forno. Al contrario, se la crosta deve essere croccante e più spessa, la cottura deve avvenire a una temperatura moderata e tempi più prolungati, lo spazio tra prodotto e cielo del forno deve essere maggiore e la valvola della camera di cottura aperta. Paste e masse leggere con un alto tenore di acqua, devono infine essere cotte a temperature elevate e in tempi brevi, mentre paste e masse pesanti, perciò compatte e relativamente asciutte, devono essere cotte pigramente e a temperature moderate (Massari).

Note:
  • per ottenere una cottura uniforme è fondamentale avere biscotti dello stesso spessore e pezzatura. Il tempo di cottura dipende infatti da forma e dimensione;
  • i biscotti vanno distanziati bene nelle teglie perché lievitano durante la cottura.
Fonti: 

MTC N. 56 - MTC tollerante

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di Dani Pensacuoca - Acqua e Menta

Biscotti senza glutine
La farina è l'elemento principale per un biscotto friabile. Il glutine è nemico di questa preparazione, perché se si attivasse otterremmo biscotti duri. Perché non utilizzare direttamente solo amidi che non formano il glutine? Risponde Massari: "La farina bianca conferisce al prodotto una struttura più vicina al gusto della nostra tradizione e il dolce rimane più malleabile, leggero e dalla masticazione più godibile. L'amido è astringente nella degustazione e [...] le paste con amidi hanno la tendenza di asciugarsi in fretta".

Pasta frolla senza glutine di Leonardo di Carlo
da Tradizione in Evoluzione

Ingredienti:
  • 115 g di burro
  • 0,8 g di sale fino
  • 0,2 g di bacca di vaniglia
  • 94 g di zucchero a velo
  • 2 g di backing
  • 67,5 g di tuorli (circa 4 tuorli)
  • 125 g di farina di riso
  • 83,5 g di farina di mais fumetto
  • 18,5 g di farina di mandorle
Lavorare il burro con lo zucchero a velo, i tuorli e infine unire le farine con il lievito, il sale e la vaniglia. Lavorare fino al completo assorbimento. Cuocere in base a dimensioni e necessità. Ad esempio: un frollino classico h 3 mm richiede cottura a 160 °C per 15 minuti con valvola aperta




Biscotti senza burro

Senza burro si ottengono biscotti con una consistenza e un gusto differenti, e più difficilmente lavorabili.
Il burro si può sostituire con olio d'oliva, burro di cacao, olio di riso o altri oli (dopo averne valutato il punto di fumo).
Se in sostituzione del burro (grasso all'85%) si utilizzare un grasso anidro come l'olio (grasso al 100%), si deve aggiungere il liquido mancante (pari al contenuto d'acqua del burro). Al posto di 100 g di burro, mettiamo 85 g di olio e aggiungiamo 20 g di latte vegetale. La capacità di emulsione del "latte" apporta un legame migliore dell'acqua.


Frollino nonna Maria di Leonardo di Carlo (senza latte)
da Tradizione in Evoluzione



Ingredienti
  • 125 g di zucchero semolato
  • 90 g di uova intere (circa un uovo e un albume)
  • 1,4 g di fior di sale
  • 1,4 g di cannella in polvere
  • 1,4 g di buccia di limone grattugiata fine
  • 107 g di olio extravergine d’oliva
  • 250 g di farina 00 W150-160
  • 53,5 g di amido di mais
  • 53,5 g di farina gialla fioretto
  • 3,6 g di lievito chimico in polvere
Mescolare lo zucchero con le uova, il fior di sale, la cannella e la buccia di limone grattugiata; versare a filo l’olio d’oliva quindi le farine setacciate con il lievito. Stendere tra due carte da forno a 3 mm, spennellare dell’acqua con uovo sbattuto e cospargere di zucchero d canna. Mettere in congelatore a far rapprendere. Tagliare a piacere e disporre su teglia ricoperta di carta da forno.

Cottura forno ventilato: 170 °C per 15 minuti circa con valvola aperta.



MTC N. 56 - TIPS & TRICKS: Storia di una sablé che mantiene la forma

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di Caris - Cooking Planner

Quante volte è capitato di avere un’idea precisa per la forma dei biscotti, di pensare ad una decorazione, di volerli mettere sull’albero di natale, di voler decorare una torta o semplicemente fare dei biscotti con quello stampino che ha dei particolari bellissimi, quante volte è capitato, dicevamo, di cuocere quel biscotto di frolla cruda coppato ad arte e di ritrovarsi con un biscotto dai bordi incerti, gonfiati, irriconoscibili?

A me sì, e anche tante. Certo, con gli anni si scoprono ricette migliori di altre, si cominciano a vedere risultati migliori ma quello che soddisfa, fondamentalmente, no.
Poi all’improvviso, ci si trova davanti alla perfezione dei bordi delle crostate, tartellette, basi lisce, dei fondi di frolla di Gianluca Fusto  e si capisce che un altro mondo è possibile. Allora c’è, una frolla che mantiene la forma ... che sogno!





Ho comprato il suo libro, Crostate, e ho trovato molte risposte e tante insegnamenti.

I punti essenziali rimangono sempre quelli:
  • scelta delle materie prime
  • corretto bilanciamento della ricetta
  • corretto svolgimento della ricetta
  • rispetto delle temperature di lavorazione
  • rispetto dei tempi di riposo dell’impasto
  • scelta di una farina con scarso indice proteico (9/11%)
  • evitare di lavorare troppo lì’impasto


Sembra ovvio, ma spesso nella nostra lavorazione casalinga possiamo scordare alcuni punti. Quello è un pasticcere, direte voi, e con un laboratorio, aggiungerete ma la bella notizia è: tutte queste cose si possono fare tranquillamente a casa, basta saperle e metterle in atto.
La ricetta della frolla usata da Gianluca Fusto, per quanto mi riguarda un capolavoro, è ispirata a uno dei padri della pasticceria mondiale: Gaston Lenotre. Il punto importante è che  Lenotre prima e Fusto poi aggiungono la farina in due momenti diversi: la prima parte della farina reidrata correttamente l’acqua all’interno dell’impasto, e la seconda va inserita alla fine, cercando di lavorarla meno possibile.

Per avere una frolla più stabile possibile bisogna ridurre al minimo l’umidità, per impedire al liquido di raggiungere il nucleo dell’amido ed evitare una lavorazione prolungata, per ottenere la corretta estensibilità non elastica.
Inoltre, la presenza di una  certa quantità di farina di mandorle è importante: non a livello di gustativo (la quantità è piccola) ma i grassi presenti servono a modificare il punto di fusione del burro. Per ottenere un taglio netto della pasta frolla.



Altra cosa: se usiamo questa ricetta sulle normali teglie di case otterremmo sicuramente un ottimo risultato. Per un risultato molto simile a quello professionale, bisogna però usare teglie microforate e tappetini microforati in Silpain. Per effetti grafici, si possono usare i tappetini in silicone con varie decorazioni.



Ed ecco qui, allora la pasta frolla alle mandorle di Gianluca Fusto

Ingredienti

  • 210 g di burro
  • 5 g di fior di sale
  • 175 g di zucchero a velo
  • 60 g di farina di mandorle
  • 100 g di uovo intero
  • 120 g di farina per frolla (io ho usato una W 170)
  • 340 g di farina per frolla (io ho usato una W 170)
Totale: 1000 g

Pesare separatamente gli ingredienti.

Ammorbidire il burro a 25° C. Aggiungere le uova, lo zucchero a velo e la farina di mandorle in una planetaria munita di foglia. Amalgamare senza giungere bolle d’aria. Legare il tutto con la prima quantità di farina. Amalgamare ancora e aggiungere gradatamente il resto della farina, sempre mescolando in planetaria. Conservare in frigorifero a 4° C per almeno 3 ore. (meglio sei, meglio ancora una notte).
Stendere allo spessore di 3-4 mm, coppare e riporre in congelatore per 40 minuti se pezzi piccoli, un’ora per parti grandi.
Cuocere in forno ventilato a 160° a valvola aperta o statico a 170° C con un cucchiaio di legno nello sportello per 12-13 minuti per biscotti piccoli fino ad arrivare a 19-20 minuti per le crostate.

MTC N. 56 - SULLA VIA DELLE SPEZIE: LA VANIGLIA

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Immagine dal web
di Eleonora Colagrosso - Burro e miele


Se dico biscotto di frolla, che spezia vi viene in mente?
Non so voi, ma la prima che mi è balenata nella mente è stata la vaniglia.
È probabilmente la spezia dolce per eccellenza. Quella che non manca mai nelle nostre case. Quella di cui profumano i ricordi estivi, di gelati sulla spiaggia.
Ma la conosciamo realmente?
La Vaniglia è originaria delle Americhe e gli Aztechi furono i primi a scoprirne il sapore attraverso un procedimento di stagionatura e fermentazione probabilmente scoperto accidentalmente nelle foreste messicane. Le popolazioni Maya usavano le bacche come pagamento di tasse e le offrivano ai loro dei. È stato solo nel XVI secolo inoltrato che la vaniglia è arrivata al Vecchio Continente, grazie ai conquistatori spagnoli.
Il primo uso conosciuto della vaniglia, è per insaporire il cioccolato.
La pianta è un’orchidea, che produce dei baccelli lunghi e verdi che, nel loro stato naturale, potrebbero essere deludenti, senza alcun aroma particolare.

Foto da Wikipedia

In Madagascar e a Tahiti, la stagione di raccolta è a giugno, poco prima che le pacche comincino ad aprirsi e raggiungano una colorazione giallo tenue.
Una volta raccolta, comincia il lungo processo di essiccazione, necessario per far sviluppare il caratteristico aroma, e che dura circa sei mesi.
Il procedimento è complicato e avvolto nel mistero e nell’antica tradizione, e comporta vari passaggi di sbollentature, cotture e per ultimo, una serie di fasi di essiccatura al sole, che avvengono su tele di iuta, grandi vassoi di vimini o cesti rivestiti di lino. Dopo vari cicli, le bacche perdono circa quattro quinti del loro peso e cominciano a sviluppare il caratteristico colore nero e l’aroma inconfondibile. Questo procedimento è chiamato “Metodo Bourbon” per l’isola francese nell’Oceano Indiano (poi chiamata Reunion nel 1793) dove è stato usato per la prima volta.

Foto da qui
Quando comprate la vaniglia, la prima cosa da fare, è un’ispezione visiva. La bacca deve avere un colore uniforme in tutta la sua lunghezza. Quando la bacca invecchia, appaiono delle venature rossastre che indicano dall’esterno che sarà secca e poco aromatica.
La robustezza della bacca sarà un altro fattore da prendere in considerazione, è il miglior segno di una perfetta stagionatura e conservazione. Tuttavia, il miglior modo di sapere se una vaniglia è di buona qualità, è aprendo la bacca: più sono i semini interni, migliore è la qualità.
Ci sono centinaia di tipi di orchidea da vaniglia, ma solo tre tipi sono coltivati e commercializzati: la vaniglia del Madagascar (planifolia), del Messico (pompona) e di Tahiti (tahitensis). Fuori dal Messico, tuttavia, la pollinazione è artificiale, per la mancanza dell’ape melipona originaria del Messico, responsabile della fecondazione, che è molto difficilmente acclimatabile fuori dal suo habitat. La scoperta di un metodo artificiale nel XIX secolo dal reunionese Edmond Albius, ha permesso le coltivazioni a grande scala anche fuori dal suo continente di origine.
La difficoltà e complessità di elaborazione, la fecondazione manuale dei pistilli e la delicatezza dei metodi di conservazione, fanno della vaniglia la seconda spezia più cara al mondo, preceduta dallo zafferano.
Per l’alto costo della vaniglia e l’alta domanda che eccede l’offerta, è diffuso l’uso della vanillina. La Vanillina è un fenolo con una struttora simile all’eugenolo (che si trova nel chiodo di garofano) e all’isogenolo (noce moscata). Può estrarsi facilmente dal catrame di carbone o più comunemente dal liscivio nero, un sottoprodotto della fabbricazione della carta.
L’interesse per la vanillina è che, anche se prodotta artificialmente, è chimicamente identica alla vanillina della bacca di vaniglia, elemento principale responsabile del suo aroma. Tuttavia, la vera vaniglia ha un aroma e gusto più ricchi dovuti alla presenza di numerosi altri componenti e non conferisce quel retrogusto duro e amaro della sua imitazione sintetica.
Inoltre, se ben conservata, la vaniglia di buona qualità può durare molto tempo e la spesa varrà sempre la pena per il palato.
Conservate la vaniglia nello zucchero o in recipienti ermetici, e il vostro palato vi ringrazierà.
La Vaniglia ha proprietà digestive, calmanti, facilita il buon umore ed è leggermente antisettica. Il Marchese De Sade e Casanova la usavano come afrodisiaco.
Io la metto nei biscotti della sfida, poi vi farò sapere.


Fonti:
The Book of Spice, John O’Connell
Epices, Bruno Harry
The Contemporary Encyclopedia of Herbs and Spices, Tony Hill


MTC N. 56 - AD OGNUNO LA SUA FORMA

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Ognuno si fa le domande che crede e la sottoscritta, forse obnubilata dal bombardamento di biscotti di questi giorni, ha cominciato a pensare al perché i biscotti avessero una determinata forma. 
Ho immaginato una serie di figure professionali dietro al lancio di un biscotto sedute attorno ad un tavolo a discutere di quale forma sia più accattivante per il consumatore o alla forma adatta allo scopo: biscotti per bambini, biscotti da poter esser mangiati velocemente, biscotti da "inzuppo", biscotti che viaggino in coppia. Credo che le variabili e i motivi che sono dietro la "costruzione" di un biscotto siano molteplici. Purtroppo entrare in quelle stanze dove si decide cosa dobbiamo mangiare non è cosa facile e così sono andata alla ricerca del significato delle forme più comuni dei biscotti.

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La forma tonda. In tutte le culture e in tutte le epoche il cerchio è considerato forma perfetta, colei che richiama il trascorrere del tempo, il ripetersi delle stagioni. Nei rituali era cosa comune richiamare la figura del cerchio attraverso la danza o i canti attorno al fuoco, con lo scopo di rievocare il corso del sole.
Nella cultura cristiana simboleggia Dio e la volta celeste, al contrario della Terra che viene rappresentata con la figura quadrata. 
Passando in Oriente le cose non cambiano. Basti pensare al simbolo dello Yin e dello Yan, dualità iscritta nel cerchio. 
Non credo che alla base del biscotto tondo venga messo tutto questo coscientemente, ma di sicuro la forma circolare è quella a noi più familiare e più accogliente.

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Forma a ciambella. Il biscotto "a ciambella" non si discosta molto da questo discorso.
Richiama la forma dell'uroburo.
L'uroburo è un serpente colto nell'atto di mordersi la coda. E' un simbolo dell'eterno ritorno, della natura ciclica del tempo. Chiaro riferimento alla simbologia degli opposti che si attraggono.
Nelle popolazioni del Nord e del Centro America indica la rinascita. 
Fermo e in movimento allo stesso tempo, rappresentazione chiara del ripetersi della vita e della morte.
Anche in questo caso siamo di fronte ad una forma ben radicata, familiare.

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Forma a ventaglio. Non sempre è necessario andare a cercare un valore simbolico. Penso a quelli che noi chiamiamo "ventagli", le prussiane.  Nacquero probabilmente in Francia nel XX secolo, ma in realtà si trovano in tutto il mondo e la loro nascita va piuttosto collegata con l'espandersi dell'uso della pasta sfoglia. In questo caso la forma richiama diversi significati, a seconda del posto in cui i biscotti vengono realizzati. palmier  (foglia di palma) o coeur de France (cuore di Francia) in Francia, orejas (orecchie) in Messico, schweineohren (orecchie di maiale) in Germania, stesso significato negli Stati Uniti. Cambia qualcosa nella realizzazione, come il fatto che in Francia vengano zuccherati prima della cottura, mentre a Porto Rico la dolcezza è aggiunta attraverso il miele, ma la sostanza non cambia. Si tratta dello stesso tipo di biscotto. 

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Forme "educative". Vi sono casi in cui i biscotti svolgono un ruolo ulteriore, oltre a quello di appagare il gusto. Penso ai quaresimali, i tipici biscottini a forma di lettera che tradizione vuole siano stati inventati in un monastero tra Prato e Firenze col il preciso compito di divulgare più semplicemente le parole del Vangelo. In realtà era uso comune presso i conventi utilizzare il sistema dei biscotti per facilitare l'apprendimento linguistico, come nel caso dei biscotti della monaca, dalla particolare forma ad S, nati nel convento catanese di Santa Chiara.

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Biscotti "politici". Vi sono poi biscotti la cui forma evoca una casata nobiliare o un personaggio storico. Come i gliglietti di Palestrina. Biscotti legati alla famiglia Barberini, signori di Palestrina (Lazio) cittadina acquistata da un discendente della famiglia, il papa Urbano VIII.
Costretti all'esilio in Francia alcuni appartenenti al casato ebbero modo di conoscere i giglietti, biscotti a forma di giglio, simbolo della dinastia francese dei Borbone.
Una volta rientrati in patria, nel voler riprodurre i biscotti amati,  tentarono di sostituire il simbolo del giglio con quello delle api, stemma di famiglia. Ma i biscotti non ebbero lo stesso successo e così si ricominciò a produrli nella forma originaria. 

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Biscotti "evocativi". Forse non è il termine giusto, ma penso a tutte quelle tipologie di biscotti che vengono realizzati in determinate occasioni. Come i Mostaccioli di Vibo Valentia che cambiano forma a seconda della ricorrenza in cui vengono preparati.
Un mondo a parte quello della biscotteria sarda, in cui il biscotto acquista una valenza "altra", più elemento decorativo, carico spesso e volentieri di una forte valenza simbolica.
Vi lascio con queste "scarpette", che ho avuto la fortuna di veder realizzare in un laboratorio di Quartu Sant'Elena. Vengono inserite sempre nel pacchetto dei dolci, anche se non richieste: se c'è la scarpetta significa che si ritornerà! 

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di Cristiana Di Paola - www.beufalamode.blogspot.it



Fonti:
http://www.associazioneghita.it/public/il%20cerchio.pdf
http://www.historiaweb.it/wp-content/uploads/2013/10/Marta-la-Madonna-del-Monte-ok.pdf
http://frirlandais.over-blog.com/2014/07/le-palmier.html
http://www.aifb.it/calendario-del-cibo/giornata-nazionale-dei-quaresimali/
http://www.lapulceeiltopo.it/forum/ricette-in-contest/1514-biscotti-della-monaca-viscotta-da-monica-o-biscotti-a-esse
http://www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/giglietti-di-palestrina/

MTC n. 56 - LA PLAYLIST!!!

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di Anna Maria Pellegrino - La cucina da QB

Cos'è una torta? 
Se apriamo la Treccani troviamo tre definizioni: la prima e la seconda le potrete leggere mentre la terza sarà espressa in musica, dove per torta si intende mtchallenge.

1. Denominazione generica di tutti quei dolci la cui principale caratteristica è una certa grandezza e consistenza e una forma generalmente rotonda: gli ingredienti possono essere svariatissimi, ma a base per lo più di farina, zucchero, burro, uova e varie aggiunte: t. di cioccolato, t. di mandorle, t. di mele, t. di ricotta, t. di Pasqua, t. svizzera, t. tedesca, ecc.; la tradizionale t. di nozze, o di compleannoil termine può anche indicare analoghe preparazioni di gelato o semifredde, oppure salate e farcite (t. rustica; t. pasqualina).

2. Poi la seconda definizione è ancora più illuminante: 
"Il riferimento alla torta come a un intero che può essere suddiviso in parti o frazioni (fette), a loro volta esprimibili in valori percentuali" ovvero quello che io intendo per la community più feconda e scevra dalle tipiche debolezze umane che si trovano in rete.

di Anna Maria Pellegrino - La cucina di QB

Larrivo in continente della Van Pelt ha coinciso con il TortaTour che le sta costando tantissima fatica.
Laltra sera lho sentita canticchiare questa canzone, ma poi Pina, che non è capace di farsi gli affari suoi, mi ha confidato che A-gata le aveva detto che si trattava semplicemente di una manovra diversiva. Sai com’è - mi ha detto - il web è “piccolo” e la gente mormora.

Mina - Non gioco più


E hanno mormorato sicuramente tutte le città toccate dal tour e conquistate partendo dalle papille. Quindi, lEuropa è nostra, per Singapore ci stiamo lavorando…’Merica, stiamo arrivando!
FAME! I WANNA COOK FOR EVER! BABY, REMEMBER MY RECIPE!

Irene Cara - Fame 1980 (VHS 1982 Edit)


Perché lo sapete anche voi che, con costanza ed applicazione (e una buona dose di sorrisi) lMtchallenge ci fa diventare così..

Maroon 5 - Makes Me Wonder


Anche perchè, diciamocelo qui fra di noi che nessuno sa, il resto del mondo non ha ancora visto niente
Lorenzo Jovanotti - E Non Hai Visto Ancora Niente


Ma c’è posto per tutti! Basta avere un po’ di pazienza
Matt Bianco - Sneaking Out The Back Door (1984)


..in quanto lMtchallenge sa essere anche..
Piers Faccini - Home Away From Home


Questo mese non si poteva non parlare di biscotti, il guaio è che in rete gira già un video con i nostri tentativi per raggiungere la ricetta perfetta..

Maialino e biscotto


E per tutti sul cubo? Dai, forza, che non siamo mica di brodino, questo mese ;)
Mark Ronson - Uptown Funk ft. Bruno Mars


E per riprendere il fiato? Una perla, che neanche unostrica.
Emiliana Torrini - Fisherman's Woman


Buon ascolto e buona sfida.
amp


MTC N. 56 - "ANCHE NO": Frolle Messico e nuvole di Rossella

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di Rossella Campa

Altro giro altro regalo, questo mese Dani &Juri mi inducono in tentazione con le frolle, per creare biscottini delicati e deliziosi. Pe questa lezione di pasticceria mi sono cimentata con la frolla montata che, pur nella sua semplicità apparente di preparazione, ha bisogno di precisione e accuratezza nel peso degli ingredienti, nella buona qualità dei prodotti e nella giusta temperatura in lavorazione. Quest’ultima caratteristica è fondamentale per non dover incorrere in ‘scioglimenti’ dell’impasto in fase di cottura, di fatto i miei un po’ si sono appiattiti, complice una non perfetta manualità con la sac à poche che mi ha fatto perdere tempo nella realizzazione dei biscottini e nel conseguente riscaldamento del composto.
In merito al gusto ho voluto dare una carica alle frolle grazie al magnifico connubio cacao&peperoncino. Il profumo delle fave pestate nel mortaio ed il sapore del biscotto che si scioglie in bocca lasciando un ricordo piccante che ritorna al palato è delizioso.

Rossella lacucinatifabella!

Ingredienti 

  • 110 g di zucchero a velo
  • 200 g di burro a 18°-20°C
  • 240 g di farina 00
  • 1 uovo e 1 tuorlo
  • 15 fave di cacao criollo intere tostate
  • 1 cucchiaio da dessert raso di cacao amaro
  • 1/2 cucchiaino raso di peperoncino in polvere.


In un mortaio pestare le fave di cacao insieme al peperoncino.
Montare leggermente con la frusta il burro aggiungendo quasi subito le fave di cacao con il peperoncino. Unire lo zucchero e montare ancora per un minuto. Aggiungere poco per volta le uova e da ultimo mescolare la farina con il cacao amaro, setacciati insieme, a più riprese. Il composto deve risultare morbido ma consistente.
Su una teglia ricoperta di carta forno, utilizzando un sac à poche con bocchette rigate o lisce a piacere, creare tanti piccoli dischetti di pasta.
Infornare a 150° per 15 minuti circa.
Con questo impasto ho fatto una quarantina di frolle.

MTC N. 56 - C'era una volta un biscotto...

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di Alice del Re - Pane libri e nuvole

Dici biscotto e tutti si illuminano. Il biscotto è per antonomasia una piccola dolcezza, una ricompensa, una coccola da tenere tra le dita. E, al tempo stesso, l’apoteosi del superfluo. Chi mai ha mangiato un biscotto per fame?
Eppure, al principio non era così. I progenitori dei nostri dolci biscottini, infatti, erano molto meno gustosi e ben più necessari alla dieta quotidiana. Nell’antica Roma, il biscoctus era il pane cotto due volte (prima intero, poi tagliato a fette e rinfornato) che costituiva il cibo dei soldati: un nutrimento economico, energetico e non deperibile. I romani lo chiamavano anche panis nauticus, perché i marinai se lo portavano dietro nei lunghi viaggi di mare, assieme alle gallette. Anche queste erano semplici pani secchi ma cotti una sola volta, più a lungo e a temperature più basse.
A testimonianza di questa funzione originaria c'è il detto, riportato anche da Boccaccio: mettersi in mare senza biscotto,cioè intraprendere un viaggio senza l'adeguata preparazione. Per definizione, il biscotto è qualcosa di duro e croccante; non a caso si dice ammorbidire il biscotto, intendendo appianare una difficoltà, e anche direbbe che il biscotto non avesse crosta, riferito a chi vuole negare l’evidenza.

Casa del fornaio, Pompei, I d.C

Nell'antica Roma esistevano, sì, anche impasti dolcificati con miele e frutta secca o disidrata, che il pistor dulciarius infornava quotidianamente nella sua bottega, ma erano in genere piccole focacce o dolci di sfoglia ripiena, che poco avevano a che vedere con l’attuale la pasticceria secca dei nostri giorni.

Nel medioevo, i principali centri di potere e ricchezza erano i monasteri e, tra una preghiera e l’altra, vi venivano prodotte prelibatezze che non definiremmo certo di prima necessità: vini dolci, birra, liquori, dolcetti e biscotti. Le vie per avvicinarsi all’Altissimo, evidentemente, sono infinite. Non a caso, l’invenzione di moltissimi biscotti oggi entrati nella tradizione (come i quaresimali, i ricciarelli, i berlingozzi, i morselletti…) viene fatta risalire proprio a vari conventi e monasteri: che si tratti di verità o leggenda, non è dato sapere.
Con il passare dei secoli, le bontà appannaggio dei religiosi (che avevano anche più facile accesso allo zucchero, merce che a lungo fu molto rara e costosa) si diffusero anche nei forni artigianali, portando con sè vivaci liti tra la corporazione dei Pasticcieri e quella dei Panettieri per stabilire chi dovesse averne il monopolio. 

Immagine da qui
Ovviamente si trattava di prelibatezze destinate ai ceti abbienti; i poveri stavano a guardare, oppure si accontentavano di dolci preparati in casa e molto più semplici. Consideriate che ancora nel 1850, un chilo di biscotti costava più di una giornata di salario operaio. E se ai bambini ne venivano offerti, spesso era solo perché si trattava di biscotti medicinali, usati per somministrare farmaci come purghe o vermifughi.
Che del biscotto non ci sia tanto da fidarsi, poi, lo dice anche l’espressione fare un biscotto, usata in ambito sportivo quando il risultato di una gara viene truccato. Forse deriva da un’espressione gergale dell’ippica, dove, (spero ormai molti anni fa) per non far vincere un cavallo favorito, gli veniva somministrato un biscotto inzuppato di sedativi. Insomma, quando vi offrono un biscotto, state in guardia.

I pranzi e i banchetti rinascimentali non potevano chiudersi senza una sfarzosa sfilata di dolci, tra i quali le fonti citano anche i biscotti, nell’accezione per noi comune, anche se la produzione di pan biscotto per soldati e marinai – ma non solo – continuerà fino ai giorni nostri, in una dicotomia tanto curiosa quanto distante nei suoi due termini.
Alla metà del XVII secolo, Vincenzo Tanara, nel suo L'economia del cittadino in villa, dopo aver parlato dell'origine del nostro biscotto dice: “esiste poi un altro tipo di biscotto, molto più delicato, che è il cosiddetto pan di Spagna. [...] Si cuoce a fuoco lento, si taglia a pezzi e si mette ancora in forno. Si serve cosparso di zucchero. [...] questi dolcetti sono conosciuti come biscottini o, meglio, biscotti alla savoiarda”. Un solo termine, quindi, per indicare due preparazioni ben diverse; non c’è da meravigliarsi che ancora oggi qualcuno faccia confusione tra i biscotti e la pasta biscotto (o biscuit, come si trova più spesso), usata per i rotoli farciti e molto più simile ad un pan di spagna. Non c’è fine alle complicazioni linguistiche!

Immagine da qui

Nuove tecniche di lavorazione, forni più efficienti, l’arrivo di cacao, spezie e aromi dal nuovo mondo portarono alla nascita di biscotti sempre nuovi, ognuno espressione di una zona precisa: i cantucci di Prato, le offelle di Parona (dal latino offa, piccola focaccia), i biscotti del Lagaccio in Liguria, gli zaleti in Friuli, le paste di meliga e i torcetti in Piemonte… Una varietà che sorprende ancora oggi.

Fino al XIX secolo i biscotti erano preparati nelle case o in piccoli laboratori artigianali, e rimanevano a disposizione di pochi. Fu la civilissima Inghilterra ad avviare per prima una produzione industriale, all’inizio del 1800: come a dire che il progresso di un popolo passa anche dalla democratizzazione dei piccoli piaceri.
Fu un panettiere di nome Edward che volle celebrare le glorie della marina inglese (in quegli anni impegnata contro Napoleone) brevettando dei biscotti ispirati alle gallette dei marinai, ma arricchiti di burro e zucchero: si chiamavano Albert.
Paradossalmente, i sistemi di produzione meccanizzati impiegati nel biscottificio erano i più avanzati di tutta l’industria e solo in seguito si diffusero in altri settori produttivi, anche non alimentari. Insomma, un biscotto all’avanguardia sotto tutti i punti di vista.

Foto dal web

Gli inglesi dominarono il mercato con i loro burrosissimi biscotti per molti anni, esportando in tutta Europa gioia e colesterolo. In Italia – i soliti ritardatari – la produzione industriale fu avviata solo nel 1888, quando Davide Lazzaroni acquistò in Inghilterra i macchinari necessari e trasformò in una vera industria la ditta familiare che già dal Settecento produceva i famosi amaretti di Saronno.
In pochi anni i biscottifici si diffusero in tutta la penisola e ogni italiano ebbe diritto alla propria, economica razione di biscotti, ma di certo la poesia dei biscotti prodotti a mano era andata perduta.



Fonti:


M. Krondl, Storia del dessert, Odoya 2011.
M. Montanari, F. Sabban, Storia e geografia dell’alimentazione, vol. 1, UTET 20014.
http://www.treccani.it/enciclopedia/biscotto_(Enciclopedia-Italiana)/



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