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MTC N. 52 - TEMA DEL MESE: POTAGE PARMENTIER E LA NASCITA DEL MENU'

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di Ilaria Talimani Soffici
 
La nascita e l’evoluzione del primo piatto è strettamente legata alla nascita ed evoluzione del menù.
La nascita del menù risale agli inizi dell’800, più precisamente nel 1810, con la trasformazione del servizioalla francese nel servizio alla russa.
Nel servizio alla francesetutte le portate erano disposte contemporaneamente a tavola, a disposizione dei commensali, che potevano servirsi liberamente da sé o con l’aiuto dei domestici: insomma, una specie di self service. Per i piatti caldi vi era il sostegno di utili rechauds (scaldavivande) che mantenevano i cibi in temperatura. 
L’allestimento della tavola era molto scenografico: vassoi, campane, zoccoli con ricchissime decorazioni, e grandi trionfi portati all’eccesso; vi era addirittura una categoria di decoratori chiamata sableurs che disegnavano sulla tavola tappeti artistici con sabbia colorata, polvere di marmo, vetri frantumati, polveri di zucchero, briciole di pane. 
Nel 1810 il principe russo Alexander Boris Kourakin (1752-1818), ambasciatore straordinario e plenipotenziario di Russia a Parigi, nella sua residenza di Clichy (alle porte di Parigi), impostò per la prima volta i suoi pranzi abolendo l’abituale presenza di tutti i piatti contemporaneamente in tavola, ma facendoli uscire in successione prestabilita dalla cucina.

Questa procedura si rivelò più pratica e conveniente tanto che sostituì in breve tempo il servizio alla francese, decretando nel contempo la nascita del menu, come sottolineano gli autori della Cuisine classique (1864), Urbain Dubois (1818-1901) ed Émile Bernard (1797-1888): "La convenienza esige che i commensali siano informati sulla composizione del pranzo, affinché possano fissare la loro scelta e regolare il loro appetito. Bisognerà dunque che i maggiordomi ne distribuiscano sulla mensa una quantità sufficiente; uno per ogni due persone se il pranzo è numeroso".

A differenza di quello alla francese, con il servizio alla russa gli ospiti all’inizio trovavano una tavola riccamente apparecchiata con piatti, tovaglioli, bicchieri e posate, grandi centri tavola in argento, cristallo e specchi, alzate varie, ma nessuna preparazione, o, al massimo, gli antipasti freddi. Le varie pietanze erano quindi servite di volta in volta dai camerieri a tutti i commensali, dopo essere state presentate e porzionate davanti ai convitati.
Il servizio alla russa soppianta il servizio alla francese per un’ampia serie di vantaggi:

-Si riduce il numero delle preparazioni, permettendo una maggiore cura di ogni piatto e dando la possibilità ad ogni commensale di assaggiare tutte le pietanze preparate;
-I piatti arrivano in tavola appena cucinati, al giusto punto di cottura e ben caldi;
-Il pasto acquisisce una sua struttura, con una sequenza più chiara e razionale;
-Si riducono lo sfarzo e lo spreco, in linea con la nuova cultura borghese, non ostile alla ricchezza, ma alla sua eccessiva esibizione.
Essendo noi abituati a quest’ultimo non ci rendiamo conto di quanto innovativo e sorprendete sia stato all’epoca.
La nuova procedura ha conquistato gli animi, tutto si semplifica e i cuochi si industriano a codificare la successione delle portate; la svolta moderna ce la offre, ma guarda un po’, Antonin Carême (1784-1833) che riepiloga le sue esperienze ne L’arte della cucina francese del XIX secolo in cui assegna al potage l’esclusivo ruolo di “primo piatto”; la sua assenza è impensabile in un pranzo perché equivarrebbe ad un’opera lirica senza ouverture. Così ricorda: «Ho visto mille volte a tavola i re, gli imperatori e tutti mangiare con delizia il potage; ho conosciuti tutti i gastronomi del mio secolo e nessuno si è mai dimostrato contrario a questo alimento». La predilezione per il potage va continuamente crescendo, se nel 1816 ne troviamo 33 specie nell’Art du cuisinier di Antoine Beauvilliers(1754-1817), nel 1856 ne troviamo 100 nella Cuisine classique di Dubois e Bernard. È indubbio che la cucina francese abbia influenzato la cucina aristocratica di tutta Europa e per quanto riguarda la nostra penisola, sia la cucina dei Savoia che quella del Regno Borbonico: lo si avverte chiaramente nella composizione e nello spirito del menu.


In casa Savoia l’Aiutante Capo-Cuoco e Pasticcere Giovanni Vialardi (1804-1872) nel suo Trattato di cucina, pasticceria moderna, credenza e relativa confettureria del 1854, conferma il servizio di minestra al primo posto nei pranzi di Corte, che così giustifica: «Le buone zuppe o minestre sono le confortatrici dei convalescenti, l’annunzio foriero di un buon pranzo, e preparano lo stomaco a ben pranzare. Quando un convitato comincia con una bella, eccellente e buona zuppa, lo rende gioviale, colla speranza di ben pranzare». 
Immancabilmente nei vari decenni documentati e descritti, la prima portata è sempre il potage, passando in rassegna tutta la gamma conosciuta a livello internazionale: Printanier à la Royal, à la Sevigné, à la Reine, à l’Imperatrice, à la Tortue, à la Villeroy, à la Julienne, de quenelle, de volaille, bisque d’écrevisse, d’orge perlè, tapioca, purée des legumes.
In Italia l’impostazione di Hélouis (Capo della cucina di Corte) del potage quale “primo piatto” avviata nelle cucine dei Savoia, dapprima Regno di Sardegna e successivamente Regno d’Italia, è destinata a rimanere invariata anche con i successivi regnanti, Umberto I e Vittorio Emanuele III; nonostante quest’ultimo con “motu proprio” del gennaio 1908 stabilirà che da quella data tutti i termini di cucina dovranno essere scritti in italiano, il cambio del potage in minestra sarà solo nominale, senza mutarne la sostanza. Nell’occasione lo stesso termine francese Menu verrà tradotto oltre al corrispondente antico termine di Minuta anche in Lista, Lista delle vivande. Ma il fatto più straordinario è che la prima portata non si limita al periodo del Regno ma continua incessantemente nei menu ufficiali dei Presidenti della Repubblica fino ai giorni nostri nella forma di Consumato in tazza, Ristretto (in tazza, di pollo), Crema (all’imperiale, San Germano), Vellutina (all’Italiana, di piselli, di pollo), Brodo vegetale.
Le prime liste cibarie di Casa Reale scritte in italiano continuano a contemplare alla prima portata la “minestra”, convenzione ribadita dal Capo Cuoco di S. M. il Re (e poi Imperatore) Vittorio Emanuele III, Amedeo Pettini (1865-1948), nel primo orgoglioso testo de L’arte cucinaria in Italia (due volumi, 1910-1911) curato da Alberto Cougnet: «In attesa di innovazioni e di perfezionamenti, diciamo intanto che basta incominciare un buon pranzo servendo una minestra, sia composta che semplice, o legata, o formata con un passato; oppure un semplice consumato, con aromi in uso in un paese o nell’altro e con guarnizioni da porsi dentro o da servirsi a parte».
La minestra o potage la farà ancora da padrona almeno fino al periodo tra le due guerre  quando la “pasta asciutta” diventerà lentamente la voce iniziale del pranzo, mentre fino a  pochi decenni prima nessuno si sarebbe immaginato di servirla come primo piatto e nemmeno come contorno.

Confesso che mi sarebbe piaciuto prodigarmi nella realizzazione di una ricetta antica tipo il “Potage a la Sevigné”, ma occorre dire che tutte le lodi e la grande considerazione in cui venivano tenuti questi piatti deriva dal fatto che comunque essi erano assai saporiti e particolarmente complessi. Per una preparazione del genere occorrevano anche tre giorni.
Non avendo tutto questo tempo a disposizione, ho pensato di proporre uno dei potage più conosciuti, anche perché a diffonderlo un po’ in tutto il mondo fu quella incredibile pioniera della Julia Child.
Questa è la ricetta base che può naturalmente essere modificata e soprattutto arricchita. Io per esempio la servo spesso con pancetta saltata precedentemente in padella.
Qui ho voluto proporla semplice per rispecchiare l’uso del potage come preparazione ad un succulento banchetto.

Potage Parmentier

Ingredienti
  • 500gr patate
  • 3 porri mondati (utilizzare tutto il bianco e un po’ di verde)
  • 1lt di brodo di pollo
  • 30gr burro
  • 100ml panna
  • Prezzemolo tritato o erba cipollina
Preparazione
Pelate le patate e tagliatele  a cubetti, mondate i porri e tagliateli a listerelle sottili.
Fate sciogliere una noce di burro in una pentola capiente e rosolateci i porri finché non coloriscono. Aggiungete le patate e ricoprite con il brodo, portate  a bollore. Riducete la fiamma e lasciate cuocere per circa 30 minuti o comunque fino a quando le verdure non saranno tenere.
Frullate le verdure (Julia le schiacciava con una forchetta, io le passo con il frullatore ad immersione) fino ad ottenere una crema vellutata.
Aggiungere la panna ed amalgamare.
Servire il potage spolverizzato con un po’ di prezzemolo e una macinata di pepe ed accompagnato da crostini.
 Note:
*mai come in questo piatto gli ingredienti 8essendo solo due) devono essere di prima qualità
*il brodo può essere vegetale per una versione più leggera e semplicemente acqua per una versione light
*la panna può anch’essa essere sostituita da una vegetale o dalla crème fraîche che gli conferirà una spinta notevole, in questo caso l’erba cipollina completerà a meraviglia il piatto.

E Bon Appetit!


Bibliografia:
Accademia Barilla
Cuisine classique - Urbain Dubois,  Émile Bernard
Trattato di cucina, pasticceria moderna, credenza e relativa confettureria – Giovanni Vialardi
L’Art de la cuisine – Marie – Antoine Carê
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