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MTC N. 48 - C'è Passata e Passato...

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di Giulia Robert - Alterkitchen


La scoperta del pomodoro ha rappresentato, nella storia dell’alimentazione, quello che, per lo sviluppo della coscienza sociale, è stata la rivoluzione francese
Luciano de Crescenzo


Il pomodoro è ilfrutto di una pianta orticola della famiglia delle solanaceeoriginaria dell'America Meridionale (Cile ed Ecuador in primis, ma anche Messico e Perù). Al suo arrivo nel Vecchio Continente, nel XVI secolo, era stato considerato una curiosità esotica, un frutto ornamentale, anche perchéil suo consumo era poco diffuso, o addirittura consideratovelenoso, anche negli stessiPaesi di origine.

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Esso viene considerato come ortaggio (passatemi il termine, anche se di frutto si tratta) commestibile a pieno titolo solo tardivamente: al di fuori dei naturalisti e dei viaggiatori che li citano nei loro scritti,vi sono infatti scarsissime attestazioni del suo consumo, ad eccezion fatta dei «ghiotti et avidi de cose nove», gliamanti delle novità, che già nel XVI secolo non esitano a mangiare i pomodorifrittinell'olio e conditicon sale e pepe.
All'epoca delle sue prime importazioni, a questo frutto di forma tonda, di colore rosso acceso e dal sapore che pizzicava in gola (accendendo di conseguenza i sensi)venneroattribuiti misteriosi poteri eccitanti ed afrodisiaci (al punto di essere impiegato in pozioni e filtri magici dagli alchimisti del XVI e XVII secolo)e, addirittura, fu da molti ritenuto il vero frutto proibito. 

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Ed è da qui che prendono il via molte speculazioni di tipo linguistico-etimologico: per molti, infatti, il nome “pomodoro” sarebbe la contrazione di "pomo d'amore" (e, si sa, di quei tempil'amore era solo peccaminoso), derivazione confermata dal suo antico nome in altre lingue europee: love apple in inglese, pomme d’amour in francese, Libesapfel, tutte definizioni con un esplicito riferimento all'amore.

Altre fonti invece rintracciano l'etimologiadel nome “pomodoro” nel fatto che iprimi esemplari di pomodori giunti in Europa sulle caravelle spagnole fosserodi piccole dimensioni e di colore giallo. In altre lingue, invece, si è affermatauna rielaborazione della parola azteca tomatl, come avvennenelle lingue anglosassoni, ma anche in alcuni dialetti italiani, fra cui il piemontese tomatiche.

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Come si è già in parte accennato, il consumo alimentare del pomodoro è stato piuttosto tardivo: esso, infatti, fa la sua pubblica comparsa solo alla fine del Seicento, nel ricettario napoletano di Antonio Latini del 1692 "Lo scalco alla moderna". L'utilizzo in cucina pare in qualche modo influenzato da un influsso iberico, dal momento che «alla spagnola» vengono denominate varie ricette con impiego di pomodoro, fra cui quella della «salsa di pomadoro», insaporita con cipolle, «peparolo» e serpillo «o piperna», accomodata con sale, olio e aceto. Una preparazione, quella della salsa di pomodoro,che, dopo qualche aggiustamento, è destinata ad un grande avvenire. Il pomodoro, nel Settecento e Ottocento, eraormai perfettamente integratonella cucina italiana (basti vedere i ricettari diPanunto, Corrado e Leonardi, che lo includono ormai senza remore), poiché era stato ricondottofacilmente nell’alveo di una tradizione gastronomica consolidata, quella antica, medievale e rinascimentale delle salse di accompagnamento. Questo è un vero e proprio leit motivdella storia della cultura (e quindi anche dell'enogastronomia), dove il diverso, il nuovo, per essere accettato viene adattato ad un sistema di valori preesistente e che si avverte come proprio: come si cerca di trasformare la patata in pane e, non riuscendovi appieno, la si tramuta in gnocco, così il pericoloso, peccaminoso pomodoro diventa una confortante, cara e vecchia salsa.
Dilì, il passo fubreve perché il pomodoro diventassequello che è ancora oggi, cioè la salsa universale della cucinaalta e bassa, l’accompagnamento delle carni ma anche il condimento dei maccheroni; e, parallelamente alla pasta, il pomodoro arriva a conquistareanche la pizza: a metà '800, infatti, alle preesistenti ricette di pizze “in bianco”, si affianca una novità, la comparsa di pomodoro, mozzarella e prosciutto.

Fonti: "La cucina italiana. Storia di una cultura" - CapattiMontanari. Laterza ed.



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