di Eleonora Dellavedova - Tatanora
Brianza, terra antica, che della Milano degli Sforza era la riserva di caccia.
(foto tratta dal web)
Boschi pieni di cacciagione e una via d'acqua incisa dalla mano di Leonardo, il Naviglio Piccolo: la Martesana.
(foto tratta dal web)
Una via per unire la città degli Sforza passando tra le colline che si sporgevano verso l'Adda.
(foto tratta dal web)
Una zona dove nell'800 furono costruite ville magnifiche che incantarono persino Stendhal.
Terra di caccia, dicevamo, di signori ma anche terra di contadini.
Terra che vide passare dai Longobardi ai Duchi di Milano, gli Spagnoli poi Carlo V ed infine l'Imperatrice d'Austria.
Contadini abituati alla fame e a doversi inventare una cucina povera ma di gran gusto, dai sapori robusti e pieni.
Alla cacciagione cucinata *per i sciùri* si contrapponevano piatti semplici come la minestra con le croste di formaggio e le cotiche; patate e lardo; i mondeghili (le polpette di carne); la polenta che riempiva le pance.
Cucina povera, dicevamo, dove non si buttava niente. Il pane poi, quando avanzava, diventava: pangrattato per i mondeghili; pancotto o una splendida torta di pane fatta con pochissimi ingredienti, quelli trovati a chilometri zero: le uova delle galline; l'uva passa seccata sui fili tirati in cantina; le noci raccolte dalle piante che crescevano ai margini dei boschi e dei campi.
Ogni paese in Brianza ha la sua versione, ogni famiglia ha la ricetta *vera* e gli anni ed il benessere hanno aggiunto via via ingredienti..
Nonna Maria aveva la sua versione, che aveva sempre fatto per *godere* il pane vecchio, dal tempo di guerra quando, sfollata in cascina, il pane lo cuoceva nel forno comune e che poi non era mai troppo bianco. Torta che non lievitava, che si cuoceva nella stufa economica, che si mangiava come un signor dolce.
Negli anni aveva fatto mille variazioni, Nonna Maria, mille cambiamenti a seconda di quello che avanzava in dispensa. Una volta era l'uva passa; una volta i fichi secchi; il cioccolato (quando c'era) e la vaniglia quando la guerra era passata e si tornava a poter trovare spezie più *esotiche*.
Di tutte quelle versioni, sono riuscita a salvare quella che, ultraottantenne, faceva per merenda a me ed a mio fratello. Il problema più grande era stato convincerla a pesare tutti gli ingredienti perchè io, ancora agli inizi come cuoca, non riuscivo a capire il suo *cicinin* (pochino) di questo o di quello a che cosa potesse corrispondere.
Ora vi confesso che la faccio anch'io ad occhio e cambio ingredienti a seconda di quel che avanza in casa ed ogni boccone è come una carezza di Nonna, una coccola dimenticata. Una coccola e una parte della nostra tradizione, della nostra cultura, della fame patita dai contadini e dalla sapienza nel dosare ingredienti semplicissimi come il pane vecchio per sfamare famiglie intere.
TORTA DI PANE
Ingredienti:
250 g di pane raffermo
2 uova
70 g di cioccolato fondente
200 g di latte intero
170 g zucchero
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
30 g di uvetta
30 g di pinoli/mandorle/noci (io ho messo le noci!)
2 cucchiai di zucchero semolato
2 cucchiai di pangrattato
1 noce di burro
Procedimento:
Accendere il forno a 180°C
Sbriciolare il pane in una ciotola capiente.Bagnarlo con il latte e mettere
da parte (per mezz'ora circa, dovrebbe assorbire il latte ed ammollarsi).
In un'altra ciotola far ammorbidire l'uvetta in acqua tiepida (se piace aggiungere un cucchiaio di grappa nell'acqua)
Tagliare a coltello il cioccolato riducendolo in briciole sottili.
Separare i tuorli dagli albumi e montare a neve questi ultimi con un pizzico di sale.
Sbattere i tuorli con lo zucchero e l'estratto di vaniglia fino ad ottenere una crema chiara.
Unire l'albume montato a neve, la frutta secca, l'uvetta strizzata, il cioccolato ed il pane.
Ungere la teglia con una noce di burro e spolverarla con il pangrattato.
Versare l'impasto nella tortiera e livellare con un cucchiaio. Spolverare con lo zucchero ed infornare per 45 minuti.